Che l’inflazione abbia fatto crescere la spesa complessiva degli italiani nella grande distribuzione, anche per il vino, a fronte però di qualche qualche bottiglia in meno, è un fatto acclarato. Lo testimoniano i dati di Circana, analizzati da WineNews, già nei primi giorni dell’anno, poi l’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv) e Ismea, ed ora, guardando a dinamiche più specifiche per tipologia di canale, anche il reporti di Wine Monitor di Nomisma in partnership con Nilsen IQ).
Nel complesso, spiega il Report, “la pressione inflattiva non risparmia il comparto del vino, che nel 2023 ha registrato una sensibile crescita dei prezzi (+5%), soprattutto all’interno della distribuzione moderna (Iper e super) e del discount. Le vendite nell’anno hanno sfiorato i 3,3 miliardi euro, in miglioramento del 2,8% rispetto al 2022, ma con un calo dei volumi acquistati di oltre 2 punti percentuali, a 8,2 milioni di ettolitri, con un prezzo medio di 3,97 euro al litro. Tra le diverse categorie, i vini fermi e frizzanti, sono quelli che hanno subito la riduzione più elevata a volumi (oltre -3%) mentre gli spumanti sono andati in controtendenza, anche se la crescita è stata trainata da prodotti più economici (spumanti generici).
Nel dettaglio, in Iper, Super e Minimarket, che valgono ben oltre la metà del vino venduto sia in volume che in valore (5,1 milioni di ettolitri, -2,1%, per 2,4 miliardi di euro, +2,9%, con un prezzo medio di 4,7 euro al litro, a +5,9%), le vendite di vini fermi & frizzanti hanno registrato incrementi a valore, ma riduzioni nelle quantità, in particolare per i vini rossi, la tipologia più penalizzata dalla congiuntura negativa. Ma la crisi dei rossi in Gdo, sottolinea Nomisma, viene da lontano: tra il 2017 e il 2022 le vendite a volume erano già calate di oltre il 10%, contro una “tenuta” dei bianchi e un’”esplosione” degli spumanti. Guardando ai discount, invece, nel 2023, il canale ha visto aumenti nelle vendite a valore a fronte di un calo nei volumi comuni ad entrambe le categorie (fermi e spumanti). Il canale muove ingenti quantità di vino, pari a 2,2 milioni di ettolitri (-3,7%), ma per un valore modesto, pari a 577 milioni di euro (+1,8%), e con il prezzo medio al litro più basso in assoluto, a 2,5 euro al litro (seppure in crescita del 5,7%). Tra i vini fermi, la performance peggiore è stata quella dei rossi, mentre i risultati migliori sono stati raggiunti da bianchi e rosati. Le categorie Dop e Igp, in generale, hanno chiuso l’anno con lievi incrementi a valore, senza però riuscire a recuperare sui volumi. Situazione analoga tra gli spumanti, il cui incremento a valore è stato sostenuto anche in questo caso dalle vendite di Charmat Secco.
Sul fronte e-commerce, invece, il canale delle vendite on-line, dopo le prestazioni da record degli anni passati, continua a ridimensionarsi, tanto che il risultato del 2023 è negativo sia per i vini fermi & frizzanti che per gli spumanti. Secondo i dati del panel osservato (che, in sostanza, tiene conto delle performance dei player generalista della distribuzione, di realtà esterne come Amazon, e di qualche specializzato, ndr), le vendite scendono in valore a 45 milioni di euro (-11,4%), per 69.000 ettolitri (-7,3%), e con un prezzo medio di 6,47 euro al litro, che resta nettamente il più elevato, nonostante un calo del -4,4%. Interessante invece la performance del canale Cash&Carry, che è anche quello più legato, di riflesso, al fuori casa. Nel 2023 il canale ha espresso performance di vendita in miglioramento rispetto all’anno precedente sia relativamente ai vini fermi e frizzanti sia per gli spumanti. Ad agevolare i buoni risultati è stato il perdurare della stagione estiva che, accanto al ritorno dei turisti stranieri, ha incrementato le vendite della ristorazione e dei pubblici esercizi.
I numeri parlano di 774.000 ettolitri (+9,4%) per 237 milioni di euro (+7,7%), anche se il prezzo medio, a 3,06 euro al litro, è in caldo del -1,6%. Un mosaico a tinte decisamente negative, dunque, quello che emerge, e che conferma il trend della diminuzione dei consumi di vino, almeno in ambito domestico, con la crescita della spesa che è, evidentemente, tutta legata solo e soltanto all’inflazione.
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