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HARD BREXIT

Wsta: un’uscita dalla Ue senza accordo costerà al mondo del commercio enoico 70 milioni di sterline

In una lettera ai vertici del Governo le preoccupazioni per i costi della burocrazia, che pagheranno aziende e consumatori

Il lungo percorso che porterà all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è alle battute finali, il 12 marzo la premier Teresa May sottoporrà al voto dei deputati britannici l’accordo, rivisto, con Bruxelles, e sarà una delle ultime possibilità per arrivare ad una Brexit concordata, in caso contrario, il 29 marzo si potrebbe verosimilmente affrontare la peggiore delle ipotesi, per tutti gli attori in campo, ossia quella di un’uscita senza accordo. Gli scenari, in questo caso, sono foschi, con gli accordi commerciali che andrebbero ridiscussi a partire da zero tra Londra ed i singoli Paesi Ue, con alle viste, per un periodo più o meno lungo, la reintroduzione di dazi e barriere non solo tariffarie, ma anche burocratiche. Essenzialmente, costi in più per tutti, per chi importa e per chi esporta, come sottolinea la Wsta - Wine & Spirits Trade Association, che, dopo aver chiesto al Governo, nelle scorse settimane, la sospensione di tutte le triffe sul vino in caso di hard Brexit, adesso in una lettera inviata a Michael Gove, Ministro dell’Ambiente, del Cibo e dell’Agricoltura, Liam Fox, Ministro del Commercio Internazionale, e Philip Hammond, Cancelliere dello Scacchiere, ha ribadito le preoccupazioni di un settore che dovrà sobbarcarsi un aumento delle spese calcolato in 70 milioni di sterline. Importare vino sarà più difficile, ci sarà bisogno di produrre una documentazione tutta nuova e di accompagnare ogni singola spedizione da ulteriori test di laboratorio: è la conseguenza diretta dell’uscita dal sistema Emcs - Excise Movement Control System, il sistema che traccia e documenta, elettronicamente, le importazioni e le esportazioni degli alcolici tra Paesi Ue. Se si considera che il 55% del vino consumato nel Regno Unito arriva dall’Unione Europea, secondo i calcoli della Wsta ci sarà bisogno di produrre qualcosa come 650.000 form VI-1, per un costo, per chi esporta, di 20 sterline, a cui va aggiunto il costo del lavoro degli ispettori doganali, alle prese con migliaia di documenti riempiti a mano. A farne le spese, più che i grandi gruppi, rischiano di essere i piccoli produttori, quelli che riforniscono le enoteche indipendenti, sempre più di moda a Londra e dintorni. Ma se si somma a questi costi il probabile indebolimento della sterlina, è facile aspettarsi un aumento dei prezzi finali che pagheranno in toto i wine lovers britannici. Il consiglio della Wsta, almeno in prima battuta, è quello di incrementare le scorte del 20%, aspettando di capire come finirà la storia, cosa che i principali importatori e distributori, in effetti, hanno già iniziato a fare.

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TAG: BREXIT, UE, vino, WSTA

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