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MERCATI

Celebrata dalla critica e dagli stessi wine merchant, la 2022 di Bordeaux fa fatica sui mercati

La congiuntura economica e la corsa dei prezzi (+20%) frenano gli investimenti, ma le grandi griffe, da Mouton Rothschild a Margaux, tengono
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Bordeaux, la 2022 non sfonda (per ora) sui mercati

Secondo i wine merchant internazionali, l’annata 2022 di Bordeaux è la migliore degli ultimi 15 anni, e anche da parte della critica internazionale l’accoglienza è stata decisamente entusiastica, con voti altissimi (una media di 96,2/100), soprattutto per i vini di Pomerol. La conseguenza, prevedibilmente, è stata quella di un aumento generalizzato dei prezzi di rilascio en primeur pari, in media, al 19,9% in più dell’annata 2021, molto di più del 7,7% previsto dai membri del Liv-ex. Una discrepanza rilevante, che ha raffreddato immediatamente i bollenti spiriti del mercato secondario dei fine wine, incapace di risalire il trend negativo che lo caratterizza ormai dalla fine del 2022, e che non fa che aggravarsi mese dopo mese (qui l’analisi sui dati Liv-ex di Maggio 2023).

Si spiega con questa distanza tra le aspettative - esagerate - degli Chateaux di Bordeaux e le dinamiche reali del mercato dei fine market la lentezza con cui sta procedendo la campagna en primeur, che deve fare i conti con le incertezze dell’economia globale ed una certa ritrosia ad assorbire aumenti di tale portata. Almeno a livello generale, perché le grandi griffe della Gironda, secondo quanto raccolto da “Wine Lister” e da “Vitisphere”, dall’inizio della campagna - il 9 maggio - ad oggi hanno riscosso un discreto successo, nonostante aumenti spesso superiori alla media. Parliamo di etichette come La Fleur-Petrus (2.260 sterline a cassa, +24,2%), Mouton Rothschild (516 euro a bottiglia, +22,9%), Pavie (300 euro a bottiglia, +28,2%), Château Margaux (516 euro a bottiglia, +22,9%), Château Lafite Rothschild (580 euro a bottiglia, +23,4%), Ausone (565 euro a bottiglia, +13%), Lafleur (610 euro a bottiglia, +8,9%), Angélus (350 euro a bottiglia, +32%) e Cheval Blanc (470 euro a bottiglia, +20,5%).

La sensazione generalizzata è che la qualità, riconosciuta dalla critica internazionale, non basti a trainare l’intera denominazione, perché dietro ai grandi nomi ci sono centinaia di produttori di grande qualità ma di scarso appeal, cui gli investitori non sembrano intenzionati a riconoscere prezzi così importanti. La campagna, come fa notare il Liv-ex, “nonostante la eco mediatica stenta a decollare, sembra proprio che gli acquirenti non siano molto inclini a pagare il prezzo pieno per l’annata 2022, per quanto sia stata acclamata dalla critica. Quando i vini di Bordeaux hanno iniziato a essere venduti a prezzi molto più alti di quelli previsti (o desiderati), il mercato secondario ne ha risentito”, spiega il Liv-ex, con il Ceo, James Miles che sottolinea come “mentre alcuni produttori di Bordeaux stanno cercando di aumentare i prezzi di oltre il 20% per i vini del 2022, i prezzi del mercato secondario stanno scendendo, indipendentemente dalla regione di origine, e credo che questi due fenomeni non siano slegati”.

L’eccessiva ambizione dei produttori, insomma, potrebbe rivelarsi un’occasione persa. “Vista l’insolita volatilità che ha colpito il mercato dall’inizio dell’anno, non sorprende che i suoi protagonisti abbiano mostrato una certa avversione al rischio”, analizza Liv-Ex, osservando che prima di questa primavera “il mercato era già molto cauto dopo un periodo di sette anni di prezzi in crescita, e un contesto macroeconomico - aumento dei tassi d’interesse, rallentamento della crescita - che ha tolto il vento alle vele di molte asset class. Anche i prezzi del vino avevano già iniziato a subire una deriva, e se la campagna en primeur ha portato Bordeaux al centro dell’attenzione, con annate cadute in disgrazia ed altre che hanno invece fatto molto bene, i vini di Borgogna sono presenti sia nella classifica delle migliori che in quella delle peggiori performance”.

Avvicinandoci alla fine di quella che è stata una campagna en primeur lenta e impegnativa, è sempre più evidente che gli châteaux fanno sempre più affidamento su un nucleo di acquirenti molto solido che si accaparra le proprie allocazioni a prescindere dal prezzo, e il sentimento generale del mercato. Non è semplice capire, in assoluto, se siano aumenti giustificati o meno: i produttori lamentano una diminuzione dei volumi commercializzati, ma è difficile dire quanto ciò sia dovuto alle basse rese o quanto, più semplicemente, ad una scelta strategica di conservazione delle scorte in cantina. Alle basse rese, inoltre, va sommato l’effetto dell’inflazione, due aspetti rilevanti nella creazione del prezzo finale. Così come la critica, con firme e testate che, però, hanno un peso ed una rilevanza ben diversa dall’una all’altra.

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