Spinta verso l’aggregazione, nuovi “schemi di pensiero” nella distribuzione italiana, dove serve un’alternativa al dominio della gdo che rivitalizzi anche le enoteche, diversi paradigmi sui mercati del mondo, magari con vini pensati e prodotti appositamente per l’estero, e un modello di management sempre più evoluto rispetto alla “gestione familiare”: ecco gli atout che caratterizzeranno il 2014 delle cantine italiane, secondo Stefano Cordero di Montezemolo, docente di finanza strategica del master in management e marketing delle imprese vitivinicole dell’Università di Firenze. “Il 2014 per il mondo del vino, dal punto di vista aziendale - spiega a WineNews Stefano Cordero di Montezemolo - dovrebbe confermare le tendenze emerse in questi ultimi anni, con punti di forza e criticità che rimandano direttamente alla struttura che forma il nostro sistema”.
Infatti, se il comparto vitivinicolo, rispetto al complesso dell’economia italiana, ha tenuto relativamente meglio ed ha sostenuto positivamente soprattutto la sua attività di esportazione, non altrettanto ha saputo contrastare la crisi sul mercato domestico, dove la domanda ha posto e continua a porre dei problemi, inducendo, peraltro, più che in passato, le aziende viticole del Belpaese a concentrare i propri sforzi sullo sviluppo della presenza sui mercati internazionali.
Ma come vengono affrontati questi mercati dal nostro sistema? “L’assetto del sistema vino italiano - continua Montezemolo - è caratterizzato soprattutto da micro e piccole imprese e, benché forti di prodotti di alta qualità, nel futuro avranno sempre più bisogno di strategie molto più pianificate per continuare a lavorare bene sui mercati internazionali, sempre più competitivi. Decisamente finita la fase in cui era il prodotto a trascinare le aziende, e le aziende si facevano trascinare dal prodotto. Adesso è necessario mettere insieme più leve per consolidare la propria presenza sui mercati internazionali. A partire, come sta cominciando ad accadere, dallo studio di prodotti che per contenuto e posizionamento siano concepiti immediatamente per i mercati esteri. Anche piccole aziende, forti del loro posizionamento di prodotto, stanno pensando di diventare produttori un po’ più allargati, acquisendo la materia prima da fornitori selezionati, che non hanno forza di mercato, per sviluppare un portafoglio prodotti più largo e in grado di valorizzare produzioni diverse da quelle che hanno caratterizzato storicamente la loro proposta all’estero”.
Ma oltre a questo diverso punto di vista, occorre anche cambiare il proprio approccio verso gli stessi canali di distribuzione e di vendita. “E’ vero, come spesso viene sottolineato dagli stessi produttori, che si riesce a vendere bene all’estero facendo leva sui buoni rapporti con gli importatori o partecipando assiduamente agli eventi oltre confine - precisa il docente di finanza strategica - ma, alla fine, la sfida fondamentale è quella di come il prodotto è collocato sul mercato in termini di prezzo, posizionamento, e così via, ed è qui che sarà sempre più necessario avere delle presenze stabili e continue su questi mercati, per seguire meglio il prodotto ed avere una migliore percezione della concorrenza”.
La concorrenza è una sfida ineludibile, evidentemente, che le imprese del vino tricolore possono accettare “cercando di aggregarsi fra di sé oppure attraverso il riposizionamento dei Consorzi che, perso l’antico ruolo di esclusiva tutela - afferma Montezemolo - dovranno cercare nuove vie e, prima di tutto, dovranno saper aggregare gli interessi delle aziende che individualmente non sono in grado di stare sui mercati esteri”.
Se da un lato si può individuare in questa tendenza all’aggregazione una delle linee guida del nuovo assetto aziendale delle imprese del vino, dall’altro, probabilmente, è davvero maturato il tempo in cui la leva della produzione non è più sufficiente a garantire alta competitività e “quella della distribuzione sarà strategica e per questo - sottolinea Montezemolo - le aziende dovranno valorizzare sempre di più le competenze su queste funzioni, specialmente amplificando la presenza continua sui canali di distribuzione sia esteri che interni”.
D’altra parte, la crisi del mercato interno che, tuttavia pesa ancora per un buon 50% sull’economia complessiva del comparto, sta suggerendo una riorganizzazione del sistema di vendita in Italia, al di là della presa d’atto, ormai scontata, della forza della grande distribuzione. “E’ necessario costruire dei canali di vendita specializzati sul prodotto alcolico in senso lato, come accade in molti Paesi esteri con successo, per permettere - afferma Montezemolo - la creazione di una alternativa alla Gdo. Una linea di sviluppo che potrebbe anche surrogare al declino sistematico di canali di vendita come le enoteche. In più, i produttori sono ancora troppo legati alla vendita basata sul sistema degli agenti che, in una fase come questa, non permettono un controllo diretto sulle reti commerciali. Un punto fra i maggiori della debolezza del mercato domestico”.
Insomma, il 2014 sarà un anno di sfida anche culturale per gli imprenditori del vino del Belpaese che, dal punto di vista della gestione aziendale, “dovranno saper rinunciare alla loro impostazione “classica”, gestionalmente familiare - conclude Montezemolo - per trovare sempre più sbocchi esterni in termini di collaborazione per poter svolgere funzioni che altrimenti non sarebbero in grado di realizzare”.
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