Dire quanto più o meno abbondante sarà la vendemmia 2014, e come sarà qualitativamente, è piuttosto prematuro. Quello che si può ipotizzare, vista la grande piovosità che ha caratterizzato praticamente tutto l’anno, fino ad oggi, è che questa vendemmia potrebbe segnare una linea di demarcazione piuttosto netta tra dove si può percorrere una strada biodinamica o biologica, e dove no. Ne è convinto il professo Luigi Moio, Ordinario di Enologia all’Università Federico II di Napoli, e produttore, con la cantina Quintodecimo, in Irpinia.
“È da gennaio che c’è un’elevata piovosità - spiega a WineNews - e fortunatamente le temperature basse hanno aiutato nel contenere alcune esplosioni di malattie, ma la pressione fitopatologica è davvero molto elevata, perché ha piovuto sempre, soprattutto negli ultimi mesi, e continua a farlo. Ed è un problema serio perché, con tutta questa acqua i grappoli aumentano di volume, con una carica quantitativa davvero importante, ma anche con il rischio di rotture di acini e, quindi, anche di eventuali marciumi acidi, oidio e così via. Anche se il problema più serio, ora, al Centro-Sud di sicuro, ma penso in tutta Italia, è la peronospora, che sta facendo una pressione molto forte nei vigneti”.
Un problema generale, dunque, ma soprattutto per chi ha scelto vie difficili (e anche di moda), come la biodinamica o il biologico, che limitano di molto la possibilità di interventi in vigna, rispetto a chi fa viticoltura convenzionale.
“Io più che convenzionale la chiamerei viticoltura ragionata - precisa Moio - cioè che si basa su delle conoscenze scientifiche acclarate. E di conseguenza parlerei di difesa ragionata. Quest’anno verrà fuori in modo più netto quello che da anni, semplicemente, si dice e si sa, ovvero che certi tipi di strategia, come il bio, non sono generalizzabili e applicabili in tutti i contesti.
L’approccio biologico, l’approccio che limita la difesa con prodotti maggiormenti specifici e durarturi, non è applicabile in tutte le situazioni e casi. Esistono delle condizioni particolari in cui è possibile: situazioni collinari, estremamente ventilate, bene esposte, con varietà di uva più adatte, in cui è patricabile qualsiasi tipo di strategia, tra cui quella che si dice biologica. Ma negli ultimi anni, invece, un po’ dappertutto, c’è stata questa corsa alla conversione che, però, credo, e con me molti altri, spesso dettata soprattutto dal marketing e dal mercato. È una di quelle annate che, in questo senso, farà selezione, e che ci deve far riflettere tutti quanti. Io credo che l’importante sia fare un’agricoltura con la “A maiuscola”, agricoltura corretta, che non significa avvelenare il suolo, i consumatori e gli operatori. E anche la Francia sta ritornando sui suoi passi su questo, ma è normale. È come la storia della solforosa: demonizzata per anni, ora è emerso che alcuni medici hanno dimostrato che l’idrogeno solforato aiuta addirittura prevenire l’ictus. Ci sono verità scientifiche, e quelle vanno dette, puoi ognuno può scegliere quello vuole, ma il fatto è quello. È come quando ci si scaglia contro i lieviti selezionati: la selezione è iniziata per evitare di far funzionare quelli spontanei che producono elevati dosaggi di idrogeno solforato, oltre 80 grammi litro, naturalmente. Il problema serio del vino è venderlo, farlo apprezzare, comunicare i territori, e fare uva sana, e l’uva sana si fa con scienza e coscienza”.
Detto questo, professore, è possibile allora fare qualche ipotesi non certo sulla qualità, ma sulla quantità della vendemmia alle porte?
“Difficile dirlo, dipende: chi è riuscito ad intervenire e fare una difesa ragionata, e ha avuto anche fortuna, si ritroverà un po’ più carico di uva, ma chi ha i vigneti danneggiati o attaccati da peronospora rischia molto. Io so di alcuni piccoli viticoltori che hanno addirittura abbandonato la vigna, è difficile fare una stima. Più che sulla quantità di uva, bisognerebbe fare la stima di quanto vigneto è colpito da peronospora” ...
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