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“1 pacco di riso su 4 nei supermercati è straniero e consumatore non lo sa”. Coldiretti in sit-in a Roma #SosRisoItaliano, con produttori e mondine per etichette informative. Martina: pronto decreto sperimentazione. Le richieste di Confagricoltura

Non Solo Vino

Per un caffè servono tre chili di risone italiano. Non è una battuta, ma uno dei dati elaborati da Coldiretti nel dossier #SosRisoItaliano, in cui denuncia la situazione dei produttori di riso italiani, oggi in sit-in assieme alle mondine di fronte al Ministero delle Politiche Agricole a Roma, dalle risaie delle principali Regioni di produzione d’Italia, dalla Lombardia al Veneto, dall’Emilia al Piemonte, con cartelli, striscioni e sacchi di riso. In pratica, sottolinea l’organizzazione agricola, i prezzi del risone italiano da dicembre 2016 hanno subito un crollo del 33,4%, mentre sugli scaffali dei supermercati sono rimasti pressoché stabili con un danno per i consumatori ed una perdita per i produttori stimata in 115 milioni di euro nell’ultimo anno. Il risone italiano viene pagato tra i 32 ed i 36 centesimi al chilo per l’Arborio e dai 33 ai 38 centesimi al chilo per il Carnaroli, mentre le varietà che arrivano dall’Asia vengono pagate ad un prezzo che è circa la metà di quanto costa produrle in Italia, nel rispetto delle norme sulla sicurezza alimentare e ambientale e dei diritti dei lavoratori. E il risultato è che un pacco di riso su quattro, negli scaffali dei supermercati italiani, è straniero; e il consumatore non può saperlo.
Come Coldiretti, anche Confagricoltura nel Tavolo di filiera chiede oggi al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina l’introduzione di etichette informative (come è stato fatto per olio e prodotti caseari) che permettano al consumatore di avere informazioni sulla provenienza del riso che stanno acquistando, e allo stesso tempo di proteggere i produttori. In risposta, il Ministro Martina, in risposta, ha reso noto che “vogliamo introdurre l’obbligo di indicazione dell’origine del riso in etichetta. In accordo con il Ministro Calenda è pronto il decreto per la sperimentazione. Lo chiediamo a livello europeo - ha precisato Martina - e siamo pronti a introdurre questo strumento in Italia. Il provvedimento prevede che sull’etichetta del riso debbano essere indicati il Paese di coltivazione e quello di trasformazione per dare massima informazione ai cittadini”.
L’Italia, ricorda Coldiretti, è ancora il primo produttore europeo di riso, su un territorio di 237.000 ettari coltivato da 4.263 aziende, per una produzione di 1,58 miliardi di chili, con un ruolo ambientale insostituibile e opportunità occupazionali. Ma la situazione sta precipitando, secondo la Coldiretti, e a rischio c’è il lavoro di oltre 10.000 famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera. E la situazione peggiora, se si considera che gli arrivi di riso dal Vietnam nel 2016 sono aumentati del 346%, e quelli dalla Thailandia del +34%. I dati dell’import da altri Paesi sono ugualmente alti: dall’India sono arrivati 34 milioni di chili, dal Pakistan 25 milioni di chili e dalla Cambogia 17 milioni di chili. Mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nell’ultimo anno. Le importazioni hanno raggiunto il record storico di 244 milioni di chili.
La cosiddetta “goccia che ha fatto traboccare il vaso” è stata l’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime Eba (tutto tranne le armi), con il riso lavorato importato in Europa senza essere sottoposto a dazi (che è passato dal 35% del 2008-2009 al 68% del 2015-2016 secondo l’analisi della Coldiretti). Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano il lavoro anche minorile e impiegano intensivamente prodotti chimici vietati in Europa con danni sulla salute e sull’ambiente. Un pericolo che riguarda anche i consumatori italiani ed europei con le importazioni extracomunitarie, che hanno fatto scattare ben 11 allerte sanitarie da contaminazione per il riso e i prodotti a base di riso in Europa, secondo le elaborazioni Coldiretti, sui dati del sistema di allarme rapido comunitario.
“Il riso made in Italy è una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità che va difesa con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, il blocco delle importazioni da Paesi che non rispettano le stesse normative vigenti in Italia in termini di caporalato, di rispetto ambientale e di impiego di prodotti chimici pericolosi per la salute ma anche con l’avvio di accordi di filiera e di formule assicurative sui ricavi a difesa del reddito” ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo.
Proprio oggi anche il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti incontra il Ministro Martina, in occasione del tavolo di concertazione della filiera riso. Confagricoltura chiede al Ministro: difesa dalle importazioni, reciprocità, etichettatura di origine obbligatoria a livello europeo e una Pac efficace ed efficiente. “Occorre modificare le regole comunitarie che consentono di invocare la clausola di salvaguardia e frenare le importazioni dai Paesi Meno Avanzati - afferma Giansanti - a difesa della produzione europea di riso. Entro il 21 novembre 2017, la Commissione Europea deve presentare al Parlamento ed al Consiglio una relazione sull’attuazione del regolamento con eventuali proposte di modifica. È l’occasione per cambiare la norma e sospendere le concessioni che danneggiano i nostri produttori di riso. Nel frattempo, possiamo limitare i quantitativi dell’import agevolato e subordinarlo a condizioni di effettiva reciprocità, ad esempio per quanto riguarda i prodotti fitosanitari consentiti nei Paesi da cui importiamo e non autorizzati in Europa”.
Anche la Cia interviene sulla questione: le problematiche connesse al mercato e alla commercializzazione del riso italiano non si superano con interventi precipitosi e spot, che sembrano di propaganda. Piuttosto occorrono politiche di lungo respiro e interventi ponderati come una campagna promozionale sul “riso italiano”, una buona legge sul commercio interno, misure ad hoc sulle importazioni selvagge e maggiore attenzione nelle concessioni tra le aree di libero scambio per un prodotto considerato sensibile dalla stessa Commissione europea. In merito al tema dell’etichettatura, prosegue la Cia, riteniamo giusto avviare il percorso per approdare a un sistema chiaro, evitando soluzioni pasticciate che non portano benefici a produttori e consumatori. In particolari periodi di crisi del prodotto interno, sarebbe necessario regolarizzare meglio le dinamiche dell’import, prevedendo anche misure come il blocco momentaneo delle importazioni di riso dall’Asia. Il comparto del riso in Italia, con i suoi numeri, conclude la Cia, merita una politica di lungo respiro, che garantisca sviluppo e sostenibilità.

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