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13.000 REATI ACCERTATI, 1,2 MILIARDI DI EURO SEQUESTRATI, 5.000 LOCALI IN MANO ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA: ECCO IL PESO DELLE MAFIE NELLA FILIERA AGROALIMENTARE ITALIANA. A DIRLO IL “RAPPORTO ECOMAFIA” DI LEGAMBIENTE

Nel 2011, sommando i dati messi a disposizione dal Comando Carabinieri per la tutela della Salute, dal Comando Carabinieri Politiche Agricole, dal Corpo Forestale dello Stato e dalle capitanerie di porto, i reati accertati nel settore agroalimentare sono stati 13.867, più che triplicati sul 2010, mentre i sequestri sono stati pari a 1,2 miliardi di euro, con un danno erariale di oltre 113 milioni. Sono 27 i clan censiti da Legambiente con le “mani in pasta” e 5.000 il numero dei locali nelle mani della criminalità, fra ristoranti, pizzerie, bar, intestati soprattutto a prestanome e usati come copertura per riciclare i soldi sporchi. La denuncia arriva dal “Rapporto Ecomafia di Legambiente”, di scena a Festambiente (www.festambiente.it), ed a Rispescia (Grosseto), fino al 19 agosto.
Le inchieste della Magistratura, le relazioni della Direzione investigativa antimafia e della Direzione distrettuale antimafia hanno rintracciato la mano delle mafie su tutto: carni macellate, acqua, latte e latticini, frutti di mare, caffè, mercati ortofrutticoli. L’entità degli interessi mafiosi nel settore agroalimentare, in tutto il paese ma soprattutto al Sud, si misura anche attraverso altri indicatori.
La relazione dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati e sequestrati nel 2011, per esempio, censisce 83 aziende del settore agricoltura, caccia e silvicoltura, il 5,47% del totale di quelle confiscate al 31 dicembre dello scorso anno, cui andrebbe aggiunta una quota delle aziende del settore pesca, trasporti e commercio. Va, poi, aggiunto che 2.062 dei 10.438 beni immobili confiscati sono terreni agricoli. Altro punto critico è costituito dal cosiddetto italian sounding, una delle forme più diffuse di imitazione del Made in Italy nel settore agroalimentare ed è rappresentato da quei prodotti che, pur non essendo tecnicamente contraffatti, richiamano in qualche modo, nei colori o nei nomi, l’italianità degli ingredienti, della lavorazione o del prodotto stesso senza però che le materie prime e la relativa lavorazione siano effettivamente italiane.
L’italian sounding ha un valore pari a circa 60 miliardi di euro l’anno, su scala mondiale (164 milioni di euro al giorno). Una cifra che è 2,6 volte superiore sull’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari (23,3 miliardi di euro nel 2009).

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