3 italiani su 4, il Venerdì Santo, mangeranno pesce per rispettare le tradizioni culturali e religiose profondamente radicate nel Belpaese: in tutto, 15.000 tonnellate di pesce finiranno sulle tavole degli italiani, per una spesa di quasi 250 milioni di euro. In cima alle preferenze, il pesce azzurro, dalle alici alle sardine fino agli sgombri venduti a prezzi contenuti secondo i criteri di sobrietà richiesti dalla ricorrenza, secondo le stime di Coldiretti e Impresapesca.
I menu del venerdì Santo sono quelli tipici delle tradizioni locali, cucinati secondo ricette semplici, nel rispetto della giornata di riflessione, come la pasta con le sarde in Sicilia, le tradizionali zuppe di pesce che assumono nomi differenti a seconda delle regioni, e che nel nord Adriatico si consumano assieme alla polenta, fino alle ricette tipiche regionali, come le alici scottadito con o senza pan grattato, le sarde “in saor” con cipolla (tipica ricetta veneta), le seppie con i piselli (ricetta comune a molte regioni), fagioli e cozze (ricetta pugliese), vongole e ceci (ricetta marchigiana), la minestra di pesce con gallinelle e ghiozzi o con broccoli e arzilla (ricetta romana), le uova sode col tonno o gli spaghetti al ragù di mare.
Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo, consiglia Coldiretti, meglio acquistare direttamente dal pescatore o, se da un’attività commerciale, di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere, dal mese di dicembre 2014, l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Nelle etichette sarà indicata, inoltre, la tecnica di pesca (rete, nasse, strascico, lampara, ecc.) e, su base volontaria, la provenienza esatta di pesci, molluschi e crostacei.
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