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8 MARZO - IN ITALIA LA “DONNA IN CAMPO” MUOVE 9 MILIARDI L’ANNO. LE AZIENDE AGRICOLE FEMMINILI INCIDONO PER IL 35% SUL VALORE AGGIUNTO COMPLESSIVO. DINAMICHE E CREATIVE, SONO PIÙ INNOVATIVE DEI “COLLEGHI” UOMINI E OGGI GUIDANO BEN 538.000

Creative, flessibili e soprattutto efficienti. Titolari di aziende agricole ad altissimo valore aggiunto ma anche regine dell’arte dell’accoglienza e custodi delle antiche tradizioni contadine. Sono queste le “imprenditrici della terra” in Italia: un piccolo esercito che oggi guida 538.000 aziende su tutto il territorio nazionale (di cui 247.352 iscritte alle Camere di Commercio). Lo afferma l’associazione Donne in Campo della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori per l’8 marzo.

Ma le agricoltrici moderne non coltivano soltanto i campi, si orientano naturalmente verso i settori che sono più innovativi: il biologico, le produzioni di nicchia Dop e Igp, la vitivinicoltura. E poi aprono le porte delle loro aziende non soltanto ai turisti, ma alle scolaresche, ai disabili, agli anziani: lo fanno creando agriturismi, fattorie didattiche e fattorie sociali, agriasili e agrinidi. Tutti servizi all’avanguardia - spiega l’associazione della Cia - che contribuiscono a far schizzare al 35% il contributo delle donne al valore aggiunto complessivo dell’agricoltura, che si aggira intorno ai 26 miliardi di euro. Di questi, quindi, ben 9,1 miliardi sono “rosa”: una cifra importante, che rivela il coraggio e la tenuta delle imprese femminili, capaci di percorrere strade e mercati nuovi pur di non soccombere alla crisi.

Solo negli agriturismi, per esempio, metà del giro d’affari “dipende” dalle donne: su 19 mila strutture in tutt’Italia, quasi il 40% è gestito da imprenditrici, che muovono ogni anno un fatturato di 500 milioni di euro su un totale di 1,1 miliardi dell’intero settore. Anche nel comparto vinicolo - continua l’associazione Donne in Campo/Cia - ben il 35% della forza lavoro è femminile.

Più in generale, insieme al commercio è proprio l’agricoltura il settore produttivo dove il tasso di “femminilizzazione” è più elevato. Solo negli ultimi dieci anni la quota di aziende “rosa” è passata dal 30,4% al 33,3% attuale. Vuol dire che oggi un imprenditore agricolo su tre è donna. Con un profilo ben preciso: fa innovazione di processo e di prodotto e ha forti aspettative professionali, ha un tasso di scolarizzazione alto e si mette in gioco più per scelta che per necessità, predilige la dimensione aziendale “micro” e resiste meglio dei “colleghi” uomini alle fluttuazioni del mercato. Un trend confermato anche dall’Istat, secondo cui nell’ultimo decennio le aziende a conduzione femminile sono diminuite meno di quelle a conduzione maschile (-29,6% contro -38,6%).

Nonostante questo - sottolinea l’associazione Donne in Campo - le agricoltrici hanno ancora poca visibilità rispetto agli uomini e subiscono forti discriminazioni nell’accesso al credito agricolo, mentre oggi andrebbe studiato un fondo ad hoc o piuttosto un progetto sul microcredito specifico per la categoria, senza dimenticare l’importanza degli incentivi all’imprenditoria “rosa”. Le donne, dichiara il presidente nazionale della Cia Giuseppe Politi, “sono una risorsa che ancora non viene adeguatamente valorizzata e che, invece, può rivelarsi uno dei driver vincenti per lo sviluppo dell’Italia. Un loro maggiore coinvolgimento nel mondo del lavoro, e quindi nelle aziende agricole, può e deve avvenire. Anche perché le donne hanno dimostrato di saper fare impresa. E di saperlo fare anche bene”.

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