“Vino nel legno o legno nel vino” (con tanto di degustazione che metterà a confronto vini elaborati in legno ed ottenuti con chips), “Inventario viticolo”, “Vino biologico, facciamo chiarezza”, “pratiche enologiche: quello che gli altri fanno e che in Europa è vietato”: sono questi i quattro temi forti dell’edizione n. 56 del congresso dell’Associazione Italiana Enologi ed Enotecnici (fondata dal "grande" Arturo Marescalchi nel 1891; oggi, il presidente è Mario Consorte ed il direttore Giuseppe Martelli), l’organizzazione nazionale di categoria che raggruppa 3300 tecnici del settore vitivinicolo, in calendario dal 29 giugno al 2 luglio a Milano (testimonial d’eccezione sarà Christiaan Barnard - che operò il primo trapianto umano di cuore al mondo - che analizzerà, con una relazione, “gli aspetti salustici del vino).
Ma l’appuntamento di Milano (che vedrà anche la presenza del direttore dell’Unione Europea della Divisione Vino, Maurizio Chiappone) sarà come sempre anche l’occasione per fare il punto sulla vitienologia italiana e sulle sue prospettive: gli enologi italiani, nel loro programma d’attività, parlano di “graduale diminuzione della produzione dovuta alla modificazione strutturale della superficie vitata”, “le statistiche che continuano a confermare che il vino dozzinale, senza caratteristiche, perde terreno, il prodotto di qualità, nelle diverse fasce e segmenti, fa registrare un interessante incremento (“vino di qualità, vuol dire non solo la bottiglia delle grandi occasioni o quella di costo elevato, ma il prodotto di tutte le fasce e quindi anche il vino da tavola, quello di tutti i giorni”), “di un vino legato al territorio, ovviamente sempre richiesto dal mercato usurpazioni permettendo, in quanto resta un patrimonio esclusivo (“Cabernet e Chardonnay si producono in tutte le aree del mondo”), “nei prossimi anni, lo sviluppo si giocherà principalmente sulla capacità di individuare nuovi mercati e di conquistarli, quindi sull’export”. Ma, forse, l’aspetto di più grande attualità e importanza, sarà quello, per gli enologi italiani, dell’evoluzione degli impianti: “è da condividere la tesi di chi afferma che negli anni futuri si assisterà ad una maggiore concentrazione o all’ulteriore abbandono di superficie vitate. I segnali dicono che, nell’arco di 15 anni, quasi il 70% delle aziende viticole con più di 20 ettari dovranno essere meccanizzate, le ore anno/uomo/ettaro scendere al di sotto delle 150 (oggi sono 400). E per far questo occorre uno sforzo una mentalità non indifferente. In pratica, nei prossimi 20 anni, si assisterà ad una metamorfosi in vigneto pari a quella che è avvenuta a partire dagli anni Ottanta in cantina. Non a caso la riforma dell’Ocm vino destina alla ristrutturazione dei vigneti centinaia di miliardi, con contributi fino al 75%. Ed a proposito di contributi, da rimarcare che negli anni a venire ci sarà una drastica riduzione degli aiuti a sostegno del settore: quindi molte aziende saranno costrette a fare scelte ben precise ed altre obbligate a camminare con le proprie gambe”.
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