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AGRICOLTURA & MERCATO - LA RICETTA DEI PRESIDI PER VINCERE LA CRISI. LA STRADA DELLA QUALITA' FA RISALIRE IL FATTURATO DI UN SETTORE IN AFFANNO

L’agricoltura e il settore alimentare soffrono, ma la qualità paga. Sia nei conti con l’estero che per quanto riguarda la spesa degli italiani, negli ultimi mesi è sempre più marcato il tentativo di acquistare meno, ma di farlo bene. E infatti i prodotti di qualità, vini, insaccati, parmigiano e formaggi tipici fanno registrare risultati positivi, in controtendenza con il tono generale dei consumi.

Un motivo di più per spingere, sia a livello di export che sui mercati interni, sui "distretti del gusto", per proteggere il valore e la redditività della produzione nazionale. I prodotti agricoli di base nel commercio con l’estero tendono a perdere competitività: lo testimoniano i dati 2004 della bilancia agricola e alimentare, il cui deficit è cresciuto del 3,1% ed è ora di 9,2 miliardi di euro. Le esportazioni sono diminuite del 9,9%, l’import ha fatto segnare un calo del 2,1%. La tendenza si coglie meglio disaggregando i dati: nei primi 11 mesi del 2004 le esportazioni di prodotti agricoli di base sono diminuite del 10, mentre sono cresciute quelle alimentari (+3) e quelle di vino (+4,5). Nella produzione di base, dove i mercati emergenti sono in grado di fare concorrenza sul costo del lavoro, si perde. Se invece il made in Italy riesce a far pesare la propria tipicità, anche attraverso i marchi di denominazione europei come Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta), Doc (Denominazione di origine controllata), il nostro alimentare all’estero funziona.

La parola d’ordine sembra essere la stessa per la domanda interna. In tempi di risparmio, si tende a comprare meno ma meglio. Un assunto confermato da Coop, che - grazie a un rapporto di collaborazione con l’associazione Slow Food - ha sperimentato il boom delle produzioni tipiche e certificate dei "Presidi di Slow Food" realizzati in alcuni suoi negozi. «In trequattro settimane all’anno e in un centinaio di punti vendita - spiega Carlo Barbieri, responsabile del Progetto prodotti tipici di Coop Italia - il fatturato di 2 anni dell’iniziativa è stato di 1 milione di euro: un successo».
Gli scaffali dei prodotti regionali si svuotano in fretta: «Per gli italiani - sostiene Barbieri - prodotti cult dell’enogastronomia e a volte sconosciuti sono visti come una piccola grande gratificazione. Così non è più solo un’elite di consumatori, ma fasce sempre più ampie a comprare alimenti come il lardo di Colonnata, il salame di Fabriano, il Casizolu sardo, il culatello di Zibello». Da una parte, quindi, la spesa ordinaria da mettere in tavola tutti i giorni, sulla quale spesso è necessario stringere la cinghia, dall’altra anche la passione per i capolavori del nostro agroalimentare, una piccola spesa extra da concedersi occasionalmente.

La Coop - con questi sapori provenienti dai presidi Slow Food - cerca di coniugare la qualità del made in Italy con il prezzo. E l’offerta, malgrado dal 1983 al 2003 l’incidenza generale della spesa alimentare sui bilanci delle famiglie sia passata dal 25% al 18%, sta riscuotendo consensi. "Siamo consapevoli dei mutamenti in atto nella società moderna e nei cambiamenti di rotta della spesa degli italiani", dice ancora Barbieri. «Per questo Coop in tanti supermercati fa convergere le due anime del consumatore e presenta una selezione di prodotti rari. Inoltre spesso c’è anche la possibilità di incontrare i diversi produttori e scoprire i segreti di questi capolavori dell’enogastronomia italiana. Un modo di tracciare e comprendere la storia e la passione che stanno dietro ogni singolo prodotto e ogni territorio».

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