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LE ULTIME TENDENZE DEL MERCATO ITALIANO PER I PRODOTTI DOP E IGP SECONDO L’ISMEA: UN RAPPORTO PRESENTATO IN ANTEPRIMA AL SALONE DEL GUSTO

Il sistema delle Dop e Igp in Italia continua a presentare un discreto stato di salute. E’ quanto emerge dal Rapporto Ismea “I prodotti Dop, Igp e Stg: l’evoluzione della normativa, i dati economici e le tendenze di mercato in alcuni Paesi Ue”, di prossima pubblicazione, ma presentato in anteprima al Salone del Gusto di Torino. Il numero di denominazioni riconosciute nel nostro Paese è giunto al cospicuo ammontare di 155 (su un totale Ue di 709) dato che si colloca saldamente in testa alla graduatoria comunitaria dei prodotti a denominazione di origine. Per quanto concerne le variabili di mercato, nel 2004 è proseguita la crescita del valore di tali marchi di qualità sia a monte che al consumo, sviluppando alla produzione un giro di affari di quasi 4,5 miliardi di euro e sui mercati al dettaglio un fatturato complessivo di circa 8 miliardi. Nel primo caso la crescita rispetto al 2003 è stata nell’ordine del 5,5% mentre leggermente più elevato è stato l’aumento per il fatturato al consumo (+6,7%). Il valore del settore è ancora in larga parte riconducibile al comparto dei formaggi e a quello dei prodotti a base di carne, ma nel 2004 la novità è stata la massiccia immissione sul mercato di ingenti quantitativi di prodotto certificato della mela Val di Non, che ha dato forte impulso alla produzione e al fatturato del comparto dell’ortofrutta di qualità e anche a quella delle Dop e Igp in generale (nel complesso oltre 740mila tonnellate, +26% sul 2003).
Per l’ortofrutta a marchio, quindi, gli incrementi del 2004 sono stati davvero notevoli, anche perché nel 2003 le quantità certificate complessive ed il relativo valore erano su livelli ancora molto bassi. Dal rapporto si evince come ci siano comparti secondari che non riescono ad esprimere se non in maniera marginale i loro potenziali, come quello degli oli d’oliva. Anche l’estero sembra premiare gli sforzi dell’Italia sul terreno della qualità. Nonostante il dilagante fenomeno dell’agropirateria, infatti, l’export di Dop e Igp nel 2004 ha continuato a mostrare segni di buona vitalità, oltrepassando la soglia dei 900 milioni di euro e registrando una crescita dell’8,5% rispetto all’anno precedente.

L’unica nota dolente si registra sul fronte dei consumi domestici. Gli acquisti delle famiglie italiane hanno infatti indubbiamente risentito della diminuzione della capacità di spesa registratasi negli ultimi anni, con una stagnazione che si è verificata anche per questi prodotti di qualità. Infatti, secondo i dati Ismea/AC Nielsen, dopo il calo riscontrato nel 2003, i consumi sono rimasti sostanzialmente stabili nel 2004 e nel 2005 e sono addirittura peggiorati, stando agli aggiornamenti più recenti, nei primi otto mesi dell’anno in scorso (-2,5% in valore). Da quanto finora esposto si evince quindi che dal lato dell’offerta sussite ancora una forte concentrazione, con un ristretto numero di prodotti “di peso” e uan linga lista di Dop e Igp con capacità produttive ancora ridotte e soprattutto con carenze sul piano organizzativo. Ma il valore socio-culturale di questi ultimi prodotti non è inferiore a quello delle grandi produzioni tutelate. Molte Dop e Igp minori, infatti, preservano la vitalità economica di zone rurali in cui le condizioni ambientali costituiscono spesso un vincolo alle attività produttive e alla loro modernizzazione. Sul versante della domanda, intanto, si registra tuttora una scarsa informazione da parte del consumatore, non sempre in grado di percepire, forse anche a causa di una carente comunicazione del settore, il differenziale di qualità e quindi di presso.
Per quanto riguarda gli aspetti distribuitivi, un importante ruolo nella diffusione di prodotti di qualità è stato in questi anni svolto dalla GDO. Se in passato i prodotti “tipici” erano destinati quasi esclusivamente a negozi specializzati e riservati a una ristretta cerchia di consumatori, lo scenario ormai da tempo sta profondamente mutando. E’ ampio infatti il numero di referenze relative a prodotti legati al territorio nella distribuzione moderna, anche per le Dop e Igp meno note, e sono stabilmente presenti linee di “private labels” dedicate ai prodotti tipici del made in Italy. A fare da volano sono anche i canali extradomestici, come la ristorazione di qualità, gli itinerari enogastronomici e la recente “moda” delle degustazioni. In conclusione, le prospettive sono complessamente favorevoli, restano però da sciogliere alcuni nodi, essenzialmente riconducibili alla scarsa informazione del consumatore a i fenomeni di concorrenza sleale. Quanto infine alle possibili azioni future da attuare, è indispensabile definire ed avviare politiche di valorizzazione delle denominazioni attraverso una maggiore e diffusa esplicitazione dei plus legati alla loro natura di “marchi collettivi istituzionali”. E’ opportuna quindi un’analisi e una rivisitazione del ruolo delle istituzioni e di Consorzi di tutela nel promuovere i valori della “piccola dimensione” e dall’altro a favorire un orientamento degli operatori all’aggregazione per migliorare l’approccio ai mercati e le capacità di internazionalizzazione.

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