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SOUVENIR D’ITALIE? ESCLUSIVAMENTE ENOGASTRONOMICO: LE VACANZE ITALIANE NON LASCIANO AMARO IN BOCCA MA IL DOLCE SAPORE DI VINI E FORMAGGI. LEGGERI DISAGI SOLO PER I VIAGGI IN AEREO, VIA LE BOTTIGLIE D’OLIO E DI VINO DAL BAGAGLIO A MANO

Il souvenir enogastronomico tipico del luogo di vacanza è il preferito dai turisti nazionali e stranieri che trascorrono le ferie estive in Italia. Lo afferma la Coldiretti sulla base di una ricerca dell’Istituto Piepoli-Leonardo-Ice nella quale si evidenzia che a mantenere vivo il ricordo dell’Italia per quasi uno straniero su due (45%) sono il cibo e il vino Made in Italy. Stesso percorso per il turista di casa nostra: ben due italiani su tre, infatti, al ritorno delle vacanze portano a casa un prodotto alimentare tipico della regione visitata.
La classifica degli stranieri principalmente attratti dalle specialità alimentari made in Italy vede, al primo posto, i cittadini svedesi (70%) e quelli americani (58%), che non rinunciano alla tentazione di prolungare quel piacere che solo un buon vino o un delizioso formaggio italiano sanno regalare anche al rientro a casa propria. Tra i meno attratti, invece, dai souvenir enogastronomici, cinesi (31%) e russi (28%) che preferiscono i prodotti della moda. Dalla mozzarella di bufala in Campania al formaggio Asiago in Veneto, dal pecorino della Sardegna al prosciutto San Daniele nelle montagne del Friuli, dal Barolo del Piemonte alla Fontina in Valle d'Aosta, dal limoncello campano al Caciocavallo del Molise la gamma dei souvenir più richiesti dai turisti per portare un ricordo “appetitoso” dei luoghi di vacanza riesce ad accontentare letteralmente tutti i gusti, anche i più difficili.
Sono 4372 i prodotti agroalimentari italiani disponibili in Italia come souvenir, essi si aggiungono ai 159 prodotti a denominazione di orgine Dop/Igp e ai 484 vini a denominazione di origine controllata (Doc), controllata e garantita (Docg) e a indicazione geografica tipica. Un sistema di qualità che sviluppa un fatturato stimabile in 20 miliardi di euro.
Tuttavia, nell’estate 2007 qualche effetto negativo si registra per l’entrata in vigore dal 6 novembre dello scorso anno dei nuovi limiti imposti al bagaglio a mano sugli aerei che impediscono di trasportare a bordo i liquidi acquistati dal sistema di controllo degli aeroporti, in base al Regolamento CE n. 1546/2006. Un piccolo colpo alle classiche bottiglie di vino ed olio locali acquistate o regalate all’ultimo momento.
D’altra parte la visita in Italia garantisce la possibilità di fare acquisti convenienti prodotti di grande fama all’estero dove spesso sono però commercializzati a prezzi molto più elevati con il rischio inoltre di imbattersi in falsi ed imitazioni di minore qualità. Infatti nelle vendite all’estero oltre all’aumento dei costi determinati dal trasporto si aggiungono spesso per i prodotti tipici limitazioni quantitative e sanitarie all’export e dazi doganali che determinano la moltiplicazione dei prezzi. Ad esempio, in Canada, i prodotti esportati oltre i contingenti stabiliti sono gravati di dazi che, per il formaggio Asiago, arrivano al 250%, in Giappone sono del 30 per cento per i vini e del 35% per i formaggi, in Argentina c’è uno specifico dazio di un dollaro Usa per ogni litro di olio di oliva, in Brasile viene applicato un dazio del 40% sui vini liquorosi made in Italy che, in Egitto, aumenta fino al 3.000% e interessa tutti i vini, secondo una recente indagine del Ministero degli Affari Esteri.
Non mancano, peraltro, i Paesi dove alcune specialità alimentari nazionali non sono presenti per vincoli di natura sanitaria, motivi religiosi o difficoltà di natura burocratica amministrativa come in Cina dove solo recentemente si sta aprendo la possibilità di esportare prosciutti dall’Italia con il rischio elevato di trovare sul mercato prodotti di imitazione. Una possibilità che riguarda molti altri Paesi come dimostra il fatto che sul mercato globale si stima che sia falso un piatto italiano su tre e il fatturato dei prodotti Made in Italy taroccati raggiunge gli oltre 50 miliardi di euro.
La “pirateria agroalimentare” nel mondo utilizza infatti impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro Paese per alimenti che non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale. E  sono Parmigiano Reggiano e il Grana Padano i due prodotti tipici più imitati nel mondo che diventano Parmesao in Brasile, Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesano in tutto il Sud America o Parmesan dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone, ma anche “Grana Pardano”, “Grana Padana” o “Grana Padona”, solo per citare le più colorite e smaccate spuntate negli Stati Uniti. Ma molti altri sono i casi di “agropirateria” come il Provolone, l'Asiago e la Mortadella Bologna made in USA, la Robiola, il Gorgonzola e il Caciocavallo prodotti in Canada, il Salame Milano del Cile e il Salame Cacciatori del Sud Africa.

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