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COME MANGIANO I GIOVANI IN ITALIA: LE NUOVE TENDENZE E CATTIVE ABITUDINI IN UNA RICERCA DELLA “FONDAZIONE ITALIANA BUON RICORDO”. IL PROGETTO, BIENNALE, IN COLLABORAZIONE CON IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Il 35% dei ragazzi italiani dagli 8 ai 14 anni sono in sovrappeso e il 10/12% sono obesi; tra i principali imputati di questa perenne lotta con la bilancia figurano gli stili di vita sbagliati, una pubblicità seduttiva ma fuorviante, le informazioni invasive provenienti in particolare dalla tv e Internet e, più in generale, la mancanza di una cultura diffusa sull’argomento. Una questione di “stili di vita”, dunque, e non solo di “stile alimentare”, dovuta, almeno in parte, al fatto che la vita moderna promuove stili di vita estremamente sedentari, con livelli alquanto ridotti di attività fisica.
Nelle case degli italiani diminuisce il tempo dedicato al pranzo, mentre aumenta quello della cena, anche per la funzione catalizzatrice svolta dalla tv. E se la cucina “di casa” rimane quella prediletta dai ragazzi, inevitabilmente le scelte alimentari delle famiglie sono dettate sempre più dalla corsa contro il tempo, che induce a prediligere prodotti surgelati, pre-confezionati, pre-cotti e pre-lavati. Le abitudini alimentari e le preferenze per i diversi cibi sono sostanzialmente corrette nei ragazzi, fatta eccezione per alcuni, preoccupanti, elementi di criticità: sempre più prodotti industriali e sempre meno frutta, verdura, pesce e legumi. Sì a pasta, carne e soprattutto ai salumi. Per contro salgono le salse, i cibi fritti, le bevande gassate durante i pasti, e i troppi “fuori pasto”. Con l’aumento dell’età, inoltre, diminuisce la regolarità nelle abitudini alimentari, come la colazione a metà mattina e la merenda a metà pomeriggio.
Sono questi i dati più significativi emersi della ricerca effettuata dalla Fondazione Italiana Buon Ricordo (info: Unione Ristoranti del Buon Ricordo, Milano, tel. 02/80582278, info@buonricordo.com), nata su iniziativa dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo e del Touring Club Italiano - che, nei giornis corsi, nel Host - Salone Internazionale dell’ospitalità professionale, organizzato da FieraMilano, ha presentato l’“@tlante, progetto di informazione alla salute, alla sicurezza, alla cultura, ai valori e agli stili di vita per i ragazzi dagli 8 ai 14 anni.
I risultati della ricerca sono stati illustrati da Franco Iseppi, coordinatore del Comitato Scientifico della Fondazione, Vittorio Bossi (statistico ed esperto di ricerca di mercato) e Graziella Caraffa (esperta di comunicazione marketing sociale), che hanno coordinato l’indagine e la rilevazione della domanda e dei comportamenti alimentari e la rilevazione e la schedatura delle esperienze educative realizzate.
Il lavoro è frutto di un’indagine che ha visto per protagonisti i ragazzi che frequentano gli ultimi due anni delle scuole elementari e l’intero ciclo della scuola media inferiore: sono state effettuate 5.702 interviste su un totale di popolazione di 2.871509 individui, 1.000 interviste telefoniche alle famiglie, 21 interviste a responsabili mense di comuni, ditte appaltatrici e responsabili Asl e sono stati esaminati, infine, 50 progetti educativi provenienti da tutte le regioni e realizzati nelle scuole della penisola.
In estrema sintesi, dall’indagine emerge che si vanno sempre radicando nuove abitudini alimentari, quali la diffusione di pasti brevi e “funzionali” (cioè meno soddisfacenti dal punto di vista del gusto e del piacere della convivialità), la promozione della cena a pasto principale (almeno dal punto di vista del tempo che le viene dedicato), la riduzione dei tempi di preparazione dei cibi, l’orientamento dei ragazzi verso cattive abitudini alimentari (quali ad esempio saltare la prima colazione e in certi casi accompagnarla con bevande non adatte, come il caffé; spiluccare spesso fuori pasto soprattutto dolci; prediligere fritti, salumi e salse a scapito di frutta e verdura) e la diminuzione del consumo di certi cibi tradizionali e freschi, come il pane, a vantaggio di prodotti industriali, come i biscotti. E tutto ciò nonostante il fatto che le famiglie pongano un’elevata attenzione alla stagionalità e alla provenienza dei prodotti, alla ricerca di alimenti il più possibile “naturali” investendo, anche economicamente, nel cibo.
Più nel dettaglio, la ricerca conferma che la famiglia - di cui la donna è il principale interprete - resta il decisore degli acquisti. Le scelte delle famiglie non esprimono solo una esigenza alimentare, ma un insieme di richieste tra cui spicca innanzitutto la necessità di risparmiare tempo, sia quando si fa la spesa che quando si cucina, il che spesso comporta il ricorso a cibi veloci da preparare.
Lo studio mette in evidenza che al Sud c’è una maggiore attenzione nei confronti della tradizione regionale e della provenienza dei prodotti rispetto alla maggiore apertura al nuovo riscontrata al Nord. Se al Centro-Sud maggiore è il tempo dedicato mediamente al pranzo, al Nord si dedica invece più tempo alla cena.
Esplicito il nesso riscontrato dall’indagine fra il livello di istruzione dei genitori e le scelte alimentari: livelli di istruzione più alti sono correlati positivamente allo scarso utilizzo di cibi grassi, fritti o dolci, all’esplicita attenzione alla qualità del cibo, all’orientamento verso la semplice cucina mediterranea e al consumo conviviale del cibo. Tuttavia, nel quotidiano, l’utilizzo dei “cibi della fretta” come surgelati o prodotti a rapidità di preparazione è molto frequente proprio nel segmento di famiglia con istruzione medio alta, spesso a causa dell’impegno della madre in ambito lavorativo.
Per i principali erogatori di cibo extra famiglia, ovvero le mense scolastiche, la ricerca evidenzia che, proprio mentre aumenta la loro attenzione verso la qualità dei cibi (testimoniata ad esempio dalla tendenza a scegliere cibi di origine biologica) si rileva uno scarso gradimento da parte dei ragazzi e una netta preferenza per la cucina domestica.
Infine, interessante il ruolo delle scuole come prime agenzie formative anche in ambito alimentare: se la società attuale vede ridursi il ruolo della famiglia nell’educazione dei figli, si percepisce la necessità di una trasformazione e di una riqualificazione dell’apporto educativo. È in questo scenario complesso che sono stati raccolti e schedati una cinquantina di progetti provenienti da tutte le regioni italiane su alimentazione, cultura e salute, che sono stati pure presi in esame dall’indagine come contributo alla progettazione di programmi nazionali e generalizzabili per una corretta educazione giovanile.
per l’ formazione @limentare”

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