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SVANITO IL POTERE SAZIANTE DEI CARBOIDRATI: DI QUESTO PASSO IL PANE CI AFFAMERA’. CRESCITA VERTIGINOSA DEI PREZZI DI PANE E PASTA: +10,3% RISPETTO AL 2006 SECONDO L’ISTAT. IL PARADOSSO: IL GRANO CONTINUA A SCENDERE

Il pane costa decisamente di più sulla tavola degli italiani. Lo segnala l’Istat, che sottolinea l’accelerazione della crescita tendenziale dei prezzi di pane e cereali, passati dal 4,6 % di settembre al 6% di ottobre. In particolare, il prezzo del pane “risulta aumentato del 10,3% sul 2006 (+7,5 % a settembre), mentre quello della pasta è cresciuto del 6,4 % (+4,5 % a settembre). Tendenze accelerative riguardano anche il prezzo del latte: +5 % (dal +3,2 di settembre) e del pollame (+7,3 %). Rimane elevato, seppure in lieve riduzione rispetto a quello registrato a settembre, il tasso di crescita tendenziale dei prezzi della frutta (+5,3%).
“La ripresa della dinamica tendenziale dei prezzi del settore alimentare - spiega l’Istat - risente della tensione al rialzo che ha interessato sia i prezzi dei beni lavorati sia quelli dei prodotti freschi, entrambi cresciuti negli ultimi due mesi dello 0,7 %. Su base tendenziale, la variazione dei prezzi dei prodotti alimentari trasformati è risultata pari al 3,3%, in netto aumento rispetto al mese precedente (2,7%) mentre quello dei beni non lavorati è risultata pari al 3,5%, tre decimi di punto percentuale al di sopra di quella misurata a settembre”.
Ma qui si innesta un arcano: il prezzo del grano a ottobre si è ridotto almeno del 10% sul mese precedente e non offre quindi alibi a ulteriori rincari del pane e della pasta, che dovrebbero al contrario diminuire. Lo stima la Coldiretti in riferimento ai dati sull’andamento dell’inflazione a ottobre che è salita secondo l’Istat al 2,1% per effetto tra l’altro degli aumenti del pane e della pasta. Un aumento, sul quale stanno indagando Antitrust e Procura di Roma, che ha contribuito a determinare il calo record nei consumi di pane con una riduzione in quantità del 7,4% mentre si riducono sostanzialmente anche quelli di pasta di semola che fanno registrare una riduzione del 4,5%, sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen relativi agli acquisiti domestici degli italiani nei primi otto mesi dell’anno.
Una ripresa dei consumi potrebbe essere favorita dal contenimento dei listini anche se l’esperienza del passato dimostra - precisa la Coldiretti - che alla diminuzione delle materie prime agricole non fa seguito una diminuzione dei prezzi al dettaglio che invece, come benzina e gasolio, tendono sempre ad aumentare: negli ultimi venti anni il prezzo del pane è aumentato del 419% a fronte di una sostanziale stabilità del grano.
Peraltro il prezzo moltiplica di circa dieci volte nel passaggio dal grano in campagna al pane dal fornaio a dimostrazione del fatto che, nella forbice dei prezzi tra la produzione e il consumo, c’è abbastanza spazio per recuperare diseconomie e garantire una adeguata remunerazione agli agricoltori senza aggravare i bilanci delle famiglie. Per superare in futuro le difficoltà di approvvigionamento sollevate dall’industria occorre - sostiene la Coldiretti - abbandonare comportamenti di acquisto speculativi sul mercato internazionale per scegliere la strada della programmazione di filiera, alla quale l’agricoltura italiana può rispondere positivamente grazie alla flessibilità introdotta con la riforma della politica agricola comune. L’andamento divergente tra prezzi alla produzione e quelli al consumo riguarda anche altri prodotti come i derivati del maiali cresciuti in Italia per effetto del crollo del 10% del compenso riconosciuto agli allevatori nelle stalle al quale non ha fatto seguito una analoga riduzione dei listini per i consumatori. Il prezzo di 1,2 euro al chilo per il maiale - precisa la Coldiretti - moltiplica per cinque se si acquista la braciola, per dieci se si compra il salame e per oltre venti volte se è il prosciutto a finire nella busta della spesa, con l’effetto che gli acquisti familiari di carne suina e salumi si sono ridotti del 5,1% nel 2007.

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