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NOMISMA: “ … È FINITO IL TEMPO DELLA PROMOZIONE UGUALE PER TUTTI. SERVONO STRATEGIE MIRATE PER L’EXPORT AGROALIMENTARE”. COSI’ AD AGRIFOOD, INNOVATIVA RASSEGNA DI VERONAFIERE SUL CIBO DI QUALITA’ ITALIANO, SULLE PROSPETTIVE DEL COMMERCIO ESTERO

Nuove strategie. È questo ciò che serve alle imprese agroalimentari italiane per aumentare il loro export. Quali possono essere le linee guida da seguire emerge da uno studio, commissionato da Agrifood a Nomisma, sulle prospettive di sviluppo del “made in Italy” agroalimentare, i cui risultati sono stati presentati oggi a Verona, ad Agrifood (www.agrifoodweb.it), che chiude il 18 novembre.
La necessità di rivedere quanto fatto finora scaturisce dai risultati ottenuti negli ultimi anni, che vedono sì l’aumento del flusso esportativo, ma nella pratica si è trattato di un mantenimento delle posizioni, per questo bisogna correre ai ripari, visto che è nel mercato internazionale il futuro del sistema produttivo italiano.
La strada percorsa da Nomisma per analizzare la situazione è innovativa. Infatti il posizionamento dei prodotti italiani sui mercati esteri è stato trovato valutando cinque variabili: i prodotti con origine territoriale certificata (quindi derivanti da materia prima italiana) in base alla quota di mercato occupata; il prezzo unitario all’export selezionando i comparti che spuntano sui mercati internazionali prezzi almeno del 50% superiori a quelli medi delle esportazioni mondiali; la specializzazione produttiva, cioè i prodotti in cui l’Italia detiene una posizione di assoluta leadership, con una quota sulle esportazioni mondiali pari almeno al doppio della quota di mercato occupata dai prodotti Made in Italy agroalimentari nel loro complesso; la diffusione nel mondo, intesa come numero di Paesi raggiunti per valutare la notorietà delle produzioni agroalimentari italiane; le imitazioni dei nostri prodotti, valutando in particolare quelli che sul mercato degli Stati Uniti detengono nel loro segmento una quota di almeno il 10% a scapito del prodotto vero italiano.
“Questa nuova chiave conoscitiva - spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - è messa a disposizione da Fiera di Verona con Agrifood per essere sempre più strumento di marketing per le imprese e di servizio per il sistema Paese. Grazie alla lettura innovativa che ne esce, le politiche di promozione del made in Italy possono finalmente focalizzare le risorse per gruppi di prodotti omogenei in termini di posizionamento o per fasce di mercato che si vogliono raggiungere. Questo permetterà di diventare più efficaci”.
La necessità di voltare pagina è sentita dagli operatori della filiera e lo dimostrano anche i numeri. Dalla ricerca di Nomisma emerge infatti che negli ultimi anni la quota italiana sulle esportazioni mondiali di prodotti agroalimentari è leggermente arretrata, passando dal 3,2 al 3,1% in termini di valore, per un importo pari a quasi 22 miliardi di euro (dei quali 16,7 imputabili all’industria alimentare, escludendo le carni fresche), e questo nonostante il peso relativo del settore agroalimentare sull’economia nazionale sia passato nello stesso periodo da 82 a 91, facendo 100 la media mondiale.
Al primo posto per valore dell’export nel 2006 si collocano le bevande (4,5 miliardi di euro, circa un quinto del totale delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari), trainate dai vini (3,2 miliardi di euro), cresciute del 15,2% dal 2002. Seguono i prodotti della lavorazione dei cereali per un importo di 2,6 miliardi di euro (+17,2% dal 2002), con la pasta che rappresenta oltre il 50% di questo valore. Crescono le vendite all’estero di frutta fresca, mentre calano alcuni prodotti della lavorazione dell’ortofrutta come i pomodori preparati (-9,4% dal 2002).
I prodotti che secondo la nuova declinazione proposta da Nomisma hanno un peso maggiore sull’intero “made in Italy” sono quelli legati alla specializzazione produttiva (41,7%) e quelli con un alto grado di diffusione (immagine) sui mercati internazionali (40,7%).
Fra i primi oli di oliva, pasta, gelati, vini, aceti, conserve di pomodoro, mele, pesche, formaggi freschi e grattugiati, insaccati e prosciutti. Fra i secondi pasta, prodotti da forno, vini, conserve di pomodoro (seconde dopo la pasta nella categoria dei prodotti più imitati), riso lavorato, salse e condimenti, formaggi stagionati, insaccati e prosciutti.
Rispetto all’andamento generale del settore, però, i comparti che registrano incrementi dell’export maggiori sono quelli che puntano su segmenti di mercato di fascia alta; il valore delle esportazioni del “made in Italy” Top Price (cioè di quelli che sul mercato mondiale spuntano prezzi del 50% superiori a quelli medi delle esportazioni mondiali) è, infatti, aumentato del 26,8% tra il 2002 e il 2006 mentre, nello stesso periodo, la crescita complessiva del settore si è fermata al 14,6%. Si tratta di insaccati e prosciutti, preparazioni a base di carne e di pesce, formaggi stagionati, grattugiati e freschi, riso lavorato, aceti, ortaggi, ma anche caffè, cacao e derivati del cacao per il quali un peso importante è rappresentato dalla forza del marchio commerciale che il accompagna.

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