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ECCO LE REAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DEGLI APICOLTORI (FAI E UNAAPI) ALLE DICHIARAZIONI DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA TREMONTI CHE HA DEFINITO I 2 MILIONI DI EURO STANZIATI DAL “MILLEPROROGHE” PER L’APICOLTURA COME ESEMPIO DI “INTERVENTO NON SERIO

“Come rappresentanti degli apicoltori italiani, siamo sorpresi e mortificati, anche se questo non toglie il rispetto e la nostra stima al ministro Tremonti. Evidentemente i suoi più stretti collaboratori gli avranno riferito qualcosa che riteniamo del tutto impreciso: i 2 milioni di euro, che sembrano un’elargizione del tutto inopportuna, in realtà sono la copertura finanziaria della legge 313 del 2004 per la disciplina dell’apicoltura”.

Così Raffaele Cirone, presidente della Federazione Apicoltori italiani, che ha inviato una lettera allo stesso ministro dell’Economia e a quello delle Politiche Agricole, Luca Zaia, commenta le dichiarazioni di Tremonti, che aveva preso i 2 milioni destinati al settore apistico, stanziati dal “milleproroghe” approvato nella scorsa legislatura, come esempio di “intervento non serio”.

E la stessa reazione arriva anche da Francesco Panella, presidente dell’Unione nazionale associazioni apicoltori italiani (Unaapi): “probabilmente - ribadisce Panella - il ministro non è ancora ben informato. Tremonti ha appena fatto una difesa dalla Pac per la protezione dell’agricoltura in Europa, ma il settore apistico è uno dei pochi comparti della produzione agricola che non ha alcuna significativa protezione di mercato e da sempre si confronta con il mercato globale senza alcun tipo di sostanziale aiuto”. Sia Panella e che Cirone ricordano che l’articolo 1 della legge 313 del 2004, stabilisce che l’apicoltura debba intendersi come “attività di interesse nazionale”.

“Proprio il Ministero delle politiche Agricole - spiega Panella, presidente Unaapi - ha recentemente pubblicato uno studio da cui emerge che ogni alveare rende alla collettività 1.240 euro all’anno per il lavoro di impollinazione”.

“Oggi è la giornata mondiale della biodiversità - aggiunge Cirone, presidente Fai -, e le api contribuiscono alla conservazione degli habitat naturali, rappresentano l’80% degli impollinatori, senza di loro non c’è frutta, non c’è cibo, non c’è nulla che possa essere riconducibile alla idea di salvaguardia dell’ambiente e delle produzioni agricole”.

“Noi speriamo che questi pochi fondi per un settore così importante - sottolinea ancora Panella - possano essere mantenuti e anzi aumentati, specialmente in un momento che vede una crisi grave di compatibilità ambientale e di soppravvivenza dell’apicoltura, in Italia in Europa e nel mondo, e nel momento in cui molti stati tra cui gli Usa stanno investendo decine di milioni di dollari per fornire assistenza tecnica e perchè ci possa essere un ricambio generazionale e nuove energie nel settore”.

La dichiarazione di Tremonti, al di là delle intenzioni, rischia di far passare come secondari i problemi dell’apicoltura, come la grande moria di alveari degli ultimi tempi.

“Abbiamo due emergenze distinte - spiega Panella -. Una riguarda le mortalità di causa veterinaria, che ha provocato lo scorso anno la perdita del 30-40% degli alveari. L’altra è quella della contaminazione ambientale, e di un uso imprudente e irresponsabile di insetticidi tossici in mondo crescente, che provocano la morte di parte delle api, oltre a gravi scompensi per la loro vita. Siamo il paese europeo che utilizza più pesticidi: l’Italia distribuisce nelle sue campagne oltre 7.000 tonnellate di insetticidi ogni anno, pari ad oltre un terzo di quelli utilizzati in tutta Europa”.

“Bisogna capire - chiosa Cirone - le cause di questi problemi, che secondo i ricercatori sono almeno una decina, e che vanno dai fitofarmaci ai cambiamenti climatici e alle malattie. Serve il coordinamento di tutte le realtà che contribuiscono alla conservazione del patrimonio apistico nazionale, in primis degli apicoltori e delle loro associazioni, delle istituzioni competenti, (sicuramente i ministeri delle politiche Agricole e della Salute, ma anche quello dell’Ambiente), e delle istituzioni della ricerca. Se questi soggetti collaborano e condivido conoscenze e competenze, potremo sicuramente superare l’emergenza, altrimenti rischiamo di perdere qualcosa di fondamentale: senza api non c’è produzione agricola e non c’è equilibrio ambientale”.

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