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ORO-MANIA IN TAVOLA: A NORD SI MANGIA A 18 KT. CHEF MARCHESI PIONIERE CON RISOTTO ALL’ORO. CIARLA: SOLO PER ELITE

Il re dei metalli, dalle gioiellerie arriva sulle tavole più eleganti, nei piatti dei grandi chef e nei cocktail d’autore. Utilizzare foglie, pagliuzze e petali di oro fino come decorazione nei piatti o per impreziosire i cocktail, è l’ultima tendenza chic che si sta affermando nelle tavole del Nord Italia.

I piatti a 18 carati non sono, peraltro, una novità ma la riscoperta di una tradizione rinascimentale che pescava a pieni mani nell’oro per far brillare la tavola. Nella Padova cinquecentesca, addirittura, il consiglio cittadino mise un freno all’eccessivo utilizzo dell’oro in cucina, stabilendo che nei pranzi nuziali non si potessero servire piu’ di due portate condite con il re dei metalli. L’oro alimentare è, comunque, assolutamente commestibile e non ci sono controindicazioni per la salute, anzi c’è chi gli attribuisce proprietà salutari per il cuore e i reumatismi ed è ampiamente utilizzato nella medicina omeopatica.

Gli esperti consigliano le pagliuzze d’oro alimentare per creare un effetto scintillante sul cioccolato caldo e nei cocktail, i petali per dare un tocco di luce ai tagliolini al nero di seppia ma anche alle tartine con caviale e alle torte al cioccolato e i foglietti per risotti o decorazioni su pesci pregiati. L’antesignano della cucina preziosa è Gualtiero Marchesi che ha creato trent’anni orsono uno scintillante risotto all’oro. “Mi sembrava una trovata - spiega lo chef - e ho voluto, come tutti i miei piatti, che rimanesse un pezzo unico, perciò non ho proposto altre pietanze all’oro. Non c’è insomma l’orientamento a tornare alla cucina del Quattrocento ma a fare qualcosa di forte che difatti, come tutte le cose singolari, non ha trovato imitatori”. Il risultato è stato un ottimo risotto luccicante che appaga l’occhio, ma per Marchesi combinare l’estetica con il gusto è il mix più difficile, in quanto “se è bello deve essere altrettanto buono, la qualità prima di tutto”.

Cucinare con l’oro fa naturalmente un po’ crescere il prezzo del piatto, perchè il materiale costa. ‘‘Un 2/3 euro di ricarico - quantifica Marchesi - ma, se vogliamo fare paragoni, lo zafferano con quel che costa non è molto dissimile dall’oro”. L’oro nel piatto l’ha messo anche lo chef romano Alberto Ciarla. “Ho proposto qualche anno fa un’insalata d’astice all’oro che però non ha ricevuto grande apprezzamento. Per i piatti all’oro ci vuole una location esclusiva, solo cosi’ può essere apprezzato. Se qualcuno ti chiede l’amatriciana e la presenti con l’oro, rischi anche che finisca male!”. Secondo Ciarla, l’utilizzo dell’oro può aver un senso solo da parte di persone che “sanno fare il loro mestiere, e così diventa una preziosità in più, altrimenti è come mettere una bella cornice su un piatto nullo”. “Nel Nord Italia, dove la gente è più benestante e va più volentieri a cena fuori - conclude Ciarla - può avere un appeal che non vedo nei ristoranti del Centro-Sud”.

Fonte: Ansa - Autore: Cristina Latessa

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