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IL FUTURO DEL MADE IN ITALY? “NO AL CALO DEI PREZZI ... NO ALL’ETICHETTATURA OBBLIGATORIA SUI PRODOTTI ALIMENTARI”: E’ LA POSIZIONE DI GUIDO BARILLA, PRESIDENTE DEL GRUPPO ALIMENTARE

Niente previsioni di ribasso in tempi brevi per i prezzi della pasta e più in generale di quelli delle materie prime, la cui selezione, produzione e raffinazione nel rispetto della tradizione rappresenta il vero made in Italy, mentre scrivere sull’etichetta l’origine di una materia prima è un’informazione che non serve ai consumatori: sono queste le due questioni fondamentali per il futuro dell’agroalimentare italiano, intorno alle quali ruota un acceso dibattito, e su cui è intervenuto Guido Barilla, presidente dell’omonima azienda alimentare italiana conosciuta in tutto il mondo.

“Non ci sono le condizioni per abbassare i prezzi - ha sottolineato Barilla - abbiamo dovuto adeguarci agli aumenti perché l’alternativa era chiudere le fabbriche. Se non c’é redditività l’alternativa è chiudere”.

Il presidente Barilla ha voluto ricordare che per 10 anni i prezzi sono rimasti fermi e che il settore alimentare e la pasta in particolare ha assorbito tutti i costi dell’inflazione, mentre gli altri prezzi, con l’entrata in vigore dell’euro, sono raddoppiati. “Un piatto di pasta - ha proseguito Barilla - costa 19 centesimi e, per la pasta, le famiglie italiane spendono 120 euro l’anno. Un costo basso che deve tenere conto, comunque, di spese legate alle materie prime, all’energia e al costo del lavoro”.

Posizione decisa, quella di Barilla, anche in merito al provvedimento messo in cantiere dal Ministero delle Politiche Agricole, che istituisce l’indicazione obbligatoria, nell’etichettatura, dell’origine della materia prima dei prodotti alimentari: “è una iniziativa folle - ha dichiarato - che al consumatore non interessa. Scrivere su un’etichetta l’origine della materia prima è un’informazione che non serve al consumatore. Il vero made in Italy non sta solo nell’origine della materia prima ma nella selezione e nel processo di produzione e raffinazione. Il consumatore deve essere informato su tutto il resto e deve avere la garanzia che la lavorazione e il rispetto della tradizione siano procedure consolidate”.

Il Presidente della Barilla ha poi ricordato l’andamento del prezzo del grano, che è stato di 170 euro a tonnellata per quasi 15 anni e che si è poi impennato, toccando quota 500 euro in soli 6 mesi. Barilla si é dichiarato poco ottimista anche sul futuro: “sappiamo già che, per il prossimo anno, ci sarà una diminuzione del 12% della semina di grano e questo non ci fa ben sperare per spazi di discesa dei prezzi”. Il presidente del gruppo alimentare non ha escluso la possibilità di ricorrere ad offerte che possano aiutare i consumatori, ma ha però respinto al mittente le accuse di fare “cartello”. “Non mi sento come le sette sorelle petrolifere, il mercato è calmieratore di se stesso e la gente, se si esagera nei prezzi, non compra più” ha aggiunto Barilla criticando il ricorso da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea sulla produzione di biofuel, perché “l’uso di materie prime e di grandi quantità di acqua per produrle per fare carburanti e benzine è una scelta assurda”.

Guido Barilla esclude, infine, categoricamente che il gruppo possa sbarcare sul mercato azionario: una decisione non solo legata all’attuale crisi economica, ma in generale alle scelte strategiche del gruppo alimentare. “Fare business nell’industria alimentare - ha sottolineato - richiede decisioni di lungo periodo che non verrebbero capite dalla comunità finanziaria. Spesso tali decisioni producono effetti visibili solo dopo moltissimo tempo e all’apparenza non sempre sembrano comprensibili a tutti”. Barilla ha però annunciato un possibile sbarco sul mercato cinese e su quello indiano: “ci stiamo avvicinando alla Cina - ha concluso - probabilmente attraverso il nostro comparto di prodotti pronti”.

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