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IL MINISTRO ZAIA RISPONDE AL “TIMES” E AL “THE GUARDIAN”, CHE LO HANNO FORTEMENTE ATTACCATO: “IN ITALIA NON C’È RAZZISMO ENOGASTRONOMICO. MA L’IDENTITA’ AGROALIMENTARE VA DIFESA … ”

“La mia non è una battaglia contro qualcuno, ma in difesa di un’identità: a tutela di un giacimento agroalimentare che è figlio della straordinaria ricchezza culturale del nostro Paese”. Dopo gli attacchi della stampa britannica per un presunto “razzismo enogastronomico” in Italia, il Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia ha preso carta e penna e ha scritto una lettera aperta a “The Times” ed un’altra al “Guardian”, due missive che l’Adnkronos anticipa.
Nei giorni scorsi il “Times” ha pubblicato un articolo sui ristoranti etnici in Italia in cui, partendo dalla decisione del sindaco di Lucca di bandire i kebab dalla città vecchia, si afferma che la cucina italiana sarebbe in realtà il frutto di contaminazioni e si accosta la battaglia in difesa della cucina italiana a un presunto clima di intolleranza verso gli stranieri. Dello stesso tenore anche un articolo pubblicato su un altro autorevole giornale inglese, il “Guardian”, in cui si dice che gli italiani sarebbero infastiditi dai cibi stranieri e che la cucina italiana è un’invenzione del secolo scorso. Se è incontestabile la qualità della cucina del nostro Paese, si legge nell’articolo, gli italiani rischiano però di scivolare nel localismo, dimenticando che, ad esempio, il baccalà alla veneta è preparato con un pesce del mar Baltico.
“È l’unicità della nostra molteplicità - scrive il ministro in risposta al “Guardian” - che noi cerchiamo di tutelare e che tanto è apprezzata nel mondo. Non si può perdere la propria identità, alimentare e culturale, nel nome dell’accoglienza, altrimenti si rischia di diventare un contenitore vuoto che non ha più nulla da offrire”. Zaia, inoltre, replica al “Times”: “Abdicare alla varietà e alla tipicità che contraddistinguono la nostra tradizione culinaria in nome del principio della mescolanza e della contiguita’ alimentare ad ogni costo significa, a mio avviso, depauperare un patrimonio”.
“Io stesso - continua Zaia - mi sono fatto portavoce di una possibile conciliazione, proponendo di usare i prodotti italiani per preparare piatti tipici di altre cucine, ad esempio il riso alla cantonese con le nostre uova, il nostro prosciutto e una delle straordinarie varietà di riso che crescono nel nostro Paese. Si tratta di un principio di civiltà che vale per la nostra come per le altre culture, è ovvio. Come è ovvio che, in questo settore, l’Italia conta su un patrimonio di oltre 4.500 prodotti tipici iscritti nell’Atlante agroalimentare italiano. Tutto ciò è assai lontano da quel “razzismo enogastronomico” che alcuni imputano agli italiani. Ma senza un’identità da difendere, non rimarrà neanche più nulla da mescolare”. “Il nodo focale della questione - conclude il Ministro nella lettera al “Guardian” - è che la globalizzazione non sempre è una forza benevola: quando si pone come agente di appiattimento culturale, e gastronomico, va combattuto. E con energia”.
Fonte: Adnkronos

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