02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

OLTRE 2.000 TERRENI CONSFISCATI ALLA MAFIA, TORNANO ALLA LEGALITA’: A DIRLO LA COLDIRETTI. RAPPORTO CONFESERCENTI: “CRESCE L’INTERESSE DELLA “MAFIA SPA” PER L’AGROCRIMINE”

Stanno tornando alla legalità 2.287 terreni agricoli, con fabbricati rurali ed edificabili, sequestrati alla mafia e che rappresentano quasi un quarto dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata: emerge da un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati contenuti nella relazione 2009 del Commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali Antonio Maruccia, secondo la quale a giugno 2009 erano 10.118 i beni, tra immobili e aziende, confiscati alla criminalità organizzata a partire dal 1996 per i quali tra il 2008 e il 2009 l’incremento medio annuo delle destinazioni rispetto al 2007 è stato del 42%. Secondo il Rapporto annuale n. 12 “Sos impresa” della Confesercenti, nel fatturato complessivo della “mafia Spa” cresce l’interesse per l’agrocrimine, che vale 7,5 miliardi.

L’agriturismo realizzato dal sequestro di una delle case di campagna di Totò Riina è dunque solo un esempio dei tanti beni agricoli restituiti alla legalità per effetto degli accertamenti patrimoniali sulla mafia. Secondo la Coldiretti con la crisi finanziaria aumentano i rischi di investimenti malavitosi nei terreni agricoli, che, per la tendenza anticiclica rispetto all’andamento dell’economia, potrebbero essere più appetibili rispetto agli investimenti tradizionali. Nelle campagne, sottolinea la Coldiretti, si assiste al moltiplicarsi di furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, del cosiddetto pizzo, anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell’unione europea e caporalato.

Per la Coldiretti, tra i fenomeni preoccupano, ci sono le intromissioni nel sistema di distribuzione e trasporto dei prodotti alimentari, carne e ortofrutticoli soprattutto, che danneggiano gli operatori sotto il profilo del corrispettivo pagato agli imprenditori agricoli e aumentano in modo anomalo i prezzi al consumo. Tali comportamenti, specie quando si registrano nei mercati in cui si concentra molta della produzione nazionale, causano effetti distorsivi su tutto il mercato nazionale, e contribuiscono, in conseguenza dell’aumento ingiustificato dei prezzi al consumo che da essi deriva, alla diminuzione dei consumi delle produzioni nazionali e alla contrazione delle esportazioni. Inoltre, si registra il ritorno dell’abigeato con il furto di 100.000 animali da allevamento all’anno, quello dell’usura aggravato dall’andamento sfavorevole del settore in alcune aree, gli atti di vandalismo collegati ad estorsioni, mentre ha raggiunto dimensioni allarmanti anche la sottrazione di trattori e delle altre attrezzature agricole, spesso con la formula del “cavallo di ritorno”, che prevede di dover pagare per farsi restituire il mezzo.

La criminalità organizzata che opera nelle campagne, secondo la direzione antimafia, “incide più a fondo nei beni e nella libertà delle persone, perché, a differenza della criminalità urbana, può contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili”. Per la Coldiretti si tratta, dunque, di lavorare per il superamento della situazione di “solitudine” invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma anche incentivando il ruolo delle associazioni di rappresentanza attraverso il confronto e la concertazione con la pubblica amministrazione, perché la mancanza di dialogo costituisce un indubbio fattore critico nell’azione di repressione della criminalità. Secondo la Coldiretti, infatti, non si può accettare che un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale, al servizio del bene comune, sia vittima di inquietanti fenomeni malavitosi e di mafia che umiliano uomini e il proprio lavoro e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini in termini economici e sanitari: la qualità del made in Italy dipende dalla qualità e dalla trasparenza dei processi produttivi che concorrono a realizzarlo.

Il Rapporto della Confesercenti mostra come la mafia non teme e non conosce crisi, con un fatturato complessivo di oltre 135 miliardi di euro e un utile che sfiora i 70 miliardi al netto di investimenti e accantonamenti. E la filiera agroalimentare è un settore in cui la presenza criminale si espande e le conseguenze sono ancora pesanti per gli imprenditori. Il problema, denunciano i Rapporto, è che la criminalità organizzata “è entrata a pieno titolo nel tessuto economico del paese” e costante “è l’attenzione alle attività commerciali e turistiche con particolare riguardo al franchising e alla media e grande distribuzione”. Secondo Confesercenti cresce l’interesse per quello che il Rapporto definisce l’“agrocrimine”, con le holding criminali capaci di controllare intere filiere e di seguirne gli sviluppi, pianificando investimenti e scelte imprenditoriali “innovative”, come ad esempio nel settore delle energie alternative (anche se la vera miniera si confermano i mercati ortofrutticoli). “L’intero comparto agricolo - si legge nel Rapporto - come dimostrano i recenti gravi fatti di Rosarno dopo quelli di Castelvolturno di un anno fa, anche a causa della grave crisi economica che sta attraversando e che porta al sud migliaia di immigrati senza lavoro rischia più di altri di essere aggredito dalle mafie”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli