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PRONTI-VIA: SI APRE L’ASSEMBLEA ELETTIVA DELLA CIA-CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI E CE N’È SUBITO PER TUTTI: DAL MINISTRO ZAIA AL “PERICOLO GIALLO” DEI PRODOTTI CINESI CONTRAFFATTI, NON SICURI E DI BASSA QUALITÀ

Oggi a Roma, al Palazzo dei Congressi all’Eur, si è aperta l’Assemblea elettiva n. 5 della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori: in apertura dei lavori, il presidente Giuseppe Politi ha chiesto ai rappresentanti politici un’attenzione maggiore al comparto agricolo, che occupa, nel suo insieme, 4,5 milioni di lavoratori. Per questo il settore primario è di estrema importanza per lo sviluppo complessivo del Paese, e l’Assemblea - secondo Politi - deve “contribuire a costruire un riconosciuto ruolo degli agricoltori nella società e nell’economia, ma anche di governo nella nostra confederazione”. Per il presidente Cia è fondamentale “l’unità tra le rappresentanze degli agricoltori e delle loro forme di autotutela economica della produzione ad iniziare dalla cooperazione e dall’associazionismo”, ma punta allo stesso tempo ad allargare l’orizzonte per coinvolgere tutti gli operatori che producano beni di consumo e servizi allo scopo di “valorizzare il sapere imprenditoriale, il rischio d’impresa, la legalità e il lavoro”.
La Confederazione agricola ha poi posto l’accento sulla piaga delle frodi e della contraffazione alimentare, e non in termini generici. Ha puntato l’indice in direzione di un Paese in particolare: la Cina. Una volta ricordato che il giro d’affari annuo di alimenti dubbi è di circa 2 miliardi di euro, la Cia ha dichiarato come il colosso asiatico rappresenti uno dei maggiori pericoli per i consumatori europei. Dati alla mano, il 75% degli articoli contraffatti sequestrati nel 2008 nell’Unione europea provengono dalla Cina, da dove arriva di tutto, dai pomodori all’aglio, dai funghi alle mele, da sughi già pronti ad ortaggi e a legumi senza controlli all’origine, garanzie, trasparenza di informazioni. In Italia, poi, si registra una vera e propria invasione di derivati del pomodoro (cresciuti di oltre il 130%), di aglio (più del 120%), mele e funghi e di verdure in scatola, prodotti che vengono facilmente spacciati come “made in Italy” grazie alla mancanza di indicazioni di provenienza in etichetta.
Oltre al gravissimo colpo che questo mercato “parallelo” infligge alla nostra economia, la Cia mette in guardia sui rischi per la salute, visto che in gran parte delle confezioni mancano nell’etichetta informazioni di assoluta importanza, come quelle relative alla scadenza del prodotto. E benché dalla Cina provengano oggi la maggioranza dei prodotti alimentari a rischio, ci sono non pochi altri Paesi nella “black list” della Confederazione Italiana Agricoltori: non solo Paesi del Terzo mondo come Cile, Argentina, Uruguay o Brasile, ma anche sviluppati come Hong Kong, Taiwan, Svizzera, Africa del Sud e Russia. Occorre immaginare, per la Cia, un approccio diversificato alla tutela delle nostre produzioni di qualità: rapporti bilaterali con i Paesi partner, sinergie di sistema tra produttori e distributori, rafforzamento della tutela legale contro i fenomeni dell’agropirateria. Non certo un protezionismo agricolo che finirebbe per scatenare guerre commerciali, ma tolleranza zero nei confronti della concorrenza sleale e promozione della trasparenza. A partire da un’etichetta chiara e con l’obbligo dell’indicazione d’origine per ogni prodotto distribuito sul mercato.
La Cia infine - sempre per bocca del suo presidente Politi - non risparmia alcune stoccate al Ministro alle politiche agricole Zaia. “L’esaltazione del made in Italy di un hamburger solo perché fatto con carne italiana desta quanto meno qualche perplessità. Il messaggio che traspare è che un hamburger è più made in Italy del panettone”. Con queste parole Politi torna sul tema del sostegno offerto da Zaia alla catena McDonald’s nel lancio della linea “McItaly”, il panino fatto con prodotti italiani. La Cia contesta l’argomentazione alla base dell’appoggio ministeriale (l’italianità dei prodotti utilizzati, appunto), che è giudicata troppo debole: per un simile principio, commenta Politi, “il kebab sarebbe nuovamente accolto, solo se fatto con carne italiana, ma il baccalà alla vicentina sarebbe espulso dalla tradizione gastronomica italiana”. Ma soprattutto, la Cia accusa il Ministro di non andare molto più in là delle parole nella difesa del made in Italy, giudicando ampiamente insufficiente l’attivismo di Zaia nell’esaltazione dei primati delle indicazioni geografiche italiane.

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