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INVESTIRE IN ORO? IN TITOLI? MACCHÉ, I VERI BENI-RIFUGIO SONO QUELLI AGRICOLI. SECONDO UNA RICERCA DEL GOVERNO INGLESE, IN 40 ANNI I PREZZI DI GRANO & AFFINI SALIRANNO ANCHE DEL 100%. E GIÀ OGGI C’È CHI CORRE AD ACQUISTARE TERRENI IN TUTTO IL MONDO

Perché qualche “magnate” sta acquistando ettari ed ettari di terreni agricoli, sparsi qua e là per il mondo? Facciamo brevemente il punto, a partire da una “pillola” di storia. Era la fine del 1700 quando l’economista inglese Thomas Malthus paventava un futuro di iper-sfruttamento agricolo del pianeta, per l’incremento demografico, con conseguente arresto dello sviluppo economico. La storia gli ha dato torto. Ma, se è vero che avviene l’esatto contrario delle sue teorie, con un progressivo spopolamento delle aree agricole mondiali, questo lo si deve alla scarsa redditività dell’agricoltura, dove i costi di produzione troppo spesso superano quelli di vendita all’origine, mentre sono le filiere di lavorazione e distribuzione a far lievitare i prezzi. Risultato, a rimetterci sono il produttore ed il consumatore. “In medio stat virtus”, ma si tratta di virtù che, in qualche caso, rasentano quelle speculative. Ora, le possibilità future sono due: la “morte” di un’agricoltura diventata del tutto anti-economica, oppure l’esplosione della bolla, con forti aumenti dei prezzi. La seconda ipotesi pare più probabile, tanto che il “Financial Times” ha pubblicato, in questi giorni, i risultati di una ricerca del Governo inglese, per cui nei prossimi 40 anni i prezzi dei prodotti agricoli di base (come il grano) aumenteranno dal 50 al 100%. Ecco che, allora, qualcuno ha già “drizzato le orecchie”, investendo oggi - con i prezzi bassi - in proprietà agricole. Perché con simili prospettive, il food può diventare un bene-rifugio, un ritorno alla terra non come in passato, quando la rendita era di tipo fondiario, ma un accumulo di potenziale produttivo. Può essere una “scorta” di capitale da mettere a frutto per poi riversare il prodotto su un mercato affamato di beni agricoli, a prezzi ben più alti di quelli di oggi. Insomma, niente più immobilizzazione dei capitali, niente più accumulo di ricchezze, ma investimenti a lungo termine sull’“oro” di domani: l’agricoltura.

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