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FONTE IL VELINO - NESSUNA CRISI NEL 2010 PER I SIMBOLI DEL MADE IN ITALY AGROALIMENTARE (VINO, PROSCIUTTO DI PARMA, GRANA PADANO) CHE ALL’ESTERO VA ALLA GRANDE E BATTE OGNI RECORD, “AIUTANDO” A RIEQUILIBRARE IL RAPPORTO DOMANDA/OFFERTA

Crisi? Non per il made in Italy blasonato dell’agroalimentare. Che all’estero va alla grande e batte nel 2010 tutti i record. E in alcuni casi “aiuta” il rapporto domanda-offerta nazionale. Le esportazioni di vino nel mondo sono aumentate nel 2010 del 9% confermandosi la voce più importante dell’export agroalimentare. Per un fatturato che, tradotto in euro, viene stimato in 3,7 miliardi di euro. Se un quinto del vino italiano è stato acquistato negli Stati Uniti, in Cina il valore del nettare di Bacco made in Italy ha registrato un aumento del 102% e in Russia - dove si è recato il Ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan per una “nuova alleanza agroalimentare” - ha segnato una crescita del 51%.

Il mercato americano si conferma per i vini italiani in generale e, in particolare per il Chianti Classico, il Brunello di Montalcino, il Nobile di Montepulciano e per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, un punto di riferimento. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Wine & Food Institute di New York, il vino italiano ha confermato nel 2010 il suo ruolo di leader nel mercato americano: l’Italia infatti detiene la prima posizione come Paese esportatore di vini negli Usa, sia in quantità che in valore, superando l’Australia di oltre 170.000 ettolitri e la Francia di oltre 376 milioni di dollari.

Risultati positivi non solo per l’export del vino. Anno record anche per il Prosciutto di Parma che negli Stati Uniti ha raggiunto le 450.000 unità vendute per un valore di quasi 40 milioni di euro. Segnando un aumento del 17% rispetto al 2009. Gli Stati Uniti, come per il vino, rappresentano - con il 5% della produzione Dop - il primo mercato per l’export del Prosciutto della corona. Bene anche il mercato del Canada che segna un incremento delle esportazioni made in Italy del 42% per un valore di 4 milioni di euro per circa 60.000 prosciutti. L’export si conferma un escamotage importante per ridurre gli eccessi della produzione nazionale che si sono accumulati nel corso degli ultimi 5 anni. Così da riequilibrare il rapporto tra la domanda e l’offerta. E fare in modo che i prezzi del Re dei prosciutti - dal quale dipendono 5.500 allevamenti, 120 macelli, 162 stagionatori per un giro di affari da 1,7 miliardi di euro l’anno - tornino a regime. Se la domanda supera l’offerta infatti, i prezzi salgono e le imprese tornano a crescere.

Performance positiva all’estero anche per il terzo simbolo del made in Italy agroalimentare, il Grana Padano. I consumi del famoso formaggio dell’Emilia Romagna, secondo le stime dell’Istat e della Nielsen, hanno segnato nel 2010 un aumento del +4,8% in Italia, e del 9,5% all’estero. Confermandosi il prodotto a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo, con circa 4 milioni e 200.000 forme commercializzate ogni anno. “Dagli Stati Uniti all’Oriente, attraversando l’intera Europa - precisa il presidente del Consorzio Cesare Baldrighi - il Grana Padano fa segnare indici di esportazioni in continua ascesa”. E l’agroalimentare italiano, con i suoi simboli in prima linea si conferma il volano della ripresa economia. Partendo dall’export.

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