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FONTE ANSA - L’E-COMMERCE NON DECOLLA IN ITALIA E RIMANE UN FENOMENO MARGINALE. COSTI TROPPO ALTI E PROBLEMATICHE LOGISTICHE FANNO SI’ CHE LE IMPRESE SIANO SEMPRE PIU’ CONVINTE CHE SIA PIU’ REDDITIZIO APRIRE FISICAMENTE I NUOVI PUNTI VENDITA

Consumatori conservatori, ma anche aziende conservatrici. In Italia la spesa on line non decolla. Meno del 10% dei supermercati ha scelto anche la rete per aumentare le vendite. Da noi è un fenomeno del tutto marginale. Che, infatti, non ha tentato nemmeno le multinazionali della grande distribuzione. L’unica eccezione di un certo rilievo è l’Esselunga che ha debuttato in Lombardia nel 2001 per estendersi poi anche in altre regioni. Per il resto è quasi un deserto.
Le cause - secondo l’ultimo Rapporto sull’e-commerce in Italia del Politecnico di Milano - sono da ricercare innanzitutto nei costi elevati. Che nascono dalle complicazioni logistiche e operative, ma anche dalla convinzione delle imprese che sia più redditizio aprire, fisicamente, un nuovo punto vendita. Spiega Riccarco Mangiaracina, responsabile dell’Osservatorio e-Commerce dell’università: “i ritorni non sono immediati, prima di averli serve una massa critica di clienti che possa giustificare la presenza di strutture dedicate per l’evasione degli ordini. Mancano poi competenze specifiche proprie dell’on line come la costruzione di un sito e-commerce realmente usabile nella fase di ricerca dei prodotti, nella loro presentazione, nella gestione del carrello e nel pagamento”. Ma, osserva, le aziende dovrebbero fare di più: “Da un’iniziativa on line potrebbero ricavare un grande valore, oltre che avere un nuovo canale di vendita, conoscere meglio il cliente e i suoi comportamenti d’acquisto”.
Dunque, un’offerta che resta sempre molto carente, con la quasi totalità degli operatori della grande distribuzione ancora immobili. Resistenze, tuttavia, vengono pure dal cliente non sempre informatizzato e che talvolta preferisce scegliersi i prodotti in prima persona. Questione di cultura consumeristica, la stessa che fa fatica ad accettare il supermercato al posto del piccolo negozio sotto casa. Insomma nulla a che vedere con quanto accade all’estero. Siamo in profondo ritardo per l’ e-commerce in generale. Basti pensare che poco più del 12% degli italiani utilizza questo canale. E ancor di più lo siamo per il settore del “Grocery”. I servizi - ci dice ancora il Report del Politecnico - continuano ad avere un peso superiore del 65% del valore delle vendite, contrariamente a quanto accade da tempo nei principali mercati stranieri.
Negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia e in Germania le vendite di prodotti valgono circa il 60% dell’e-Commerce. Anche in questi paesi i prodotti più venduti, in termini di fatturato, appartengono alle categorie merceologiche dell’informatica e dell’elettronica di consumo (tra il 15 e il 20%) e dell’abbigliamento (tra il 10 e il 15%). Diversamente dall’Italia però sono significativi i fatturati realizzati in altri comparti da noi solo marginalmente presenti on line come, appunto, il Grocery (10% in Uk e 5% in tutti gli altri mercati) ed i prodotti per la casa e per l’auto (intorno al 7-8%). Oltre il 90% delle aziende della distribuzione moderna non ha attivato alcun progetto di commercio elettronico. Un quadro non confortante: solo Esselunga, come detto, sta giocando “una partita importante” tra le principali a livello nazionale. “Sono davvero pochi i segnali di crescita se escludiamo Esselunga che anche nel 2010 ha ampliato l’area servita, raggiungendo Torino, Pisa, la sponda piemontese del lago maggiore e la Versilia”, è scritto nel Report. Ci sono poi la Coop ma solo a Roma, Basko, e Prontospesa. E ancora da segnalare l’iniziativa del gruppo Auchan, “DriveAuchan”, che non prevede, tuttavia, la consegna domicilio, ma può essere una valida alternativa per chi ha poco tempo: a Torino è già operativa, mentre è prevista una prossima apertura a Buccinasco (Milano); ordini la spesa a qualsiasi ora del giorno e poi passi a prenderla in macchina dove ti sarà consegnata.

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