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NELLA SETTIMANA PIÙ CALDA DELL’ESTATE SONO AUMENTATI DEL 40% GLI ACQUISTI DI FRUTTA E VERDURA SULLA SETTIMANA PRECEDENTE. LO STIMA LA COLDIRETTI, MA IL BILANCIO ESTIVO FA SEGNARE UN CRACK DA 300 MILIONI SOLO PER LE PESCHE

Nella settimana più calda dell’estate sono aumentati del 40% gli acquisti di frutta e verdura rispetto alla settimana precedente. È quanto stima la Coldiretti nel sottolineare tuttavia che solo 20,3 milioni gli italiani si difendono dalle alte temperature mangiando sempre sia a pranzo che a cena la frutta fresca e addirittura un milione non la consuma mai.

“Eppure - sottolinea la Coldiretti - per combattere le ondate di calore lo stesso Ministero della Salute suggerisce di mangiare molta frutta fresca che contiene fino al 90% di acqua. Il miglior modo per combattere il caldo e l’eccessiva sudorazione è infatti quello - continua la Coldiretti - di mangiare cibi rinfrescanti, ricchi di vitamine e sali minerali indispensabili per non affaticare troppo l’organismo come la frutta e verdura di stagione che aiuta a sconfiggere l’afa di questi giorni e assicura un pieno di salute”. L’andamento settimanale non ha salvato le sorti di una stagione particolarmente negativa per la produzione nostrana, secondo una analisi della Coldiretti che stima in ben 300 milioni le perdite subite dagli agricoltori italiani per le sole pesche, alle quali si somma il bilancio in rosso anche di alte varietà di frutta e verdura di stagione come i cocomeri che sono stati pagati ai produttori a prezzi inferiori ai costi di raccolta e spesso sono rimasti addirittura nei campi.

“Quest’estate si è allargata senza giustificazioni - sottolinea la Coldiretti - la forbice dei prezzi della frutta fresca tra produzione e consumo. Una situazione che danneggia gli agricoltori costretti a lavorare in perdita, ma - precisa la Coldiretti - anche i consumatori che potrebbero acquistare maggiori quantità e a condizioni piu’ vantaggiose”. Secondo le elaborazioni Coldiretti su dati del servizio Sms consumatori del Ministero delle Politiche Agricole all’inizio di agosto le pesche gialle sono state pagate agli agricoltori 31 centesimi al chilo, ma ai consumatori costano in media 1,85 euro al chilo con un ricarico del 496% (sei volte) mentre per le nettarine (pesche noci) sono stati riconosciuti in media 34 centesimi ma il prezzo finale sale a 1,95 con un ricarico del 474% (quasi sei volte). L’Italia è il primo produttore mondiale con un raccolto stimato nel 2011 pari a 1,6 milioni di tonnellate, divise quasi a metà tra pesche e nettarine (pesche noci). Un primato messo a rischio dal crollo dei compensi riconosciuti a produttori che sono scesi ben al di sotto dei costi di produzione e quasi dimezzati rispetto a dieci anni fa.

“Gli agricoltori - spiega la Coldiretti - devono vendere 4 chili di pesche per una tazzina di caffè, 10 chili per potersi permettere un bitter e addirittura 15 chili per un pacchetto di sigarette mentre i consumatori devono spesso a rinunciare all’acquisto della frutta per gli altri prezzi di vendita al dettaglio. Le motivazioni della crisi attuale - precisa la Coldiretti - sono congiunturali come l’andamento meteorologico e l’emergenza dell’“Escherichia Coli” che hanno causato il contenimento dei consumi, ma sotto accusa ci sono soprattutto l’inadeguatezza delle normative comunitarie per la prevenzione e la gestione delle crisi di mercato e la distribuzione commerciale che non è riuscita fino ad ora ad arrivare ad offrire prodotti di qualità al giusto grado di maturazione e ad un prezzo equo per produttori e consumatori. Ci vuole - conclude la Coldiretti - una assunzione di responsabilità dell’intera filiera che segua il prodotto da quando esce dall’azienda fino a quando arriva sul banco dei supermercati” perché nella forbice dei prezzi dal campo alla tavola c’è sufficiente spazio per garantire reddito ai produttori e consentire acquisti al giusto prezzo per i consumatori”.

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