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VANTAGGI LOGISTICI E FISCALI, “KNOW HOW” ADEGUATO, CULTURA DEL VINO E DEL CIBO “DI STAMPO EUROPEO” E MERCATO IN CRESCITA: ECCO PERCHÉ I PRODUTTORI DEL VINO DEVONO PUNTARE SU HONG KONG. ANCHE PER CONQUISTARE I MERCATI D’ASIA, CINA IN PRIMIS

Italia
Un futuro asiatico per il vino italiano

Perché venire ad Hong Kong per vendere vino in Asia? Semplice, in primis perché se è vero che per l’occidente è considerato la porta d’Asia, per l’Asia è la via prediletta per avvicinarsi al life style occidentale che i super-ricchi e la nuova classe media sogna. Poi perché è un centro di commercio mondiale, dove c’è incontro e scambio di culture e di conoscenze, tra cui quella del vino, che nel Paese ha basi “europee”, visto che è stato “colonia” inglese fino al 1997. Ancora, perché ogni anno, dalla Cina, ovvero il prossimo mercato più grande del mondo per il vino, secondo gli esperti, vanno ad Hong Kong 22 milioni di persone per fare turismo e shopping, anche di vino. E avere un buon posizionamento e visibilità a Hong Kong vuol dire veder aumentare la propria reputazione anche in Cina. Inoltre, il governo di Hong Kong è impegnato a sostenere lo sviluppo di un prodotto che fa mercato e crea ricchezza e lavoro, il che vuol dire che il regime di “0 tasse” per l’importazione continuerà a lungo, che gli investimenti per aiutare le imprese, ad esempio nel miglioramento dello stoccaggio e della logistica continueranno. E c’è anche da considerare che, seppur non grandissimo, è un mercato di per se ed in crescita (nei primi 8 mesi 2011, ha fatto girare 857 milioni di dollari sugli 898 di tutto il 2010). Infine, da Hong Kong la Cina è vicina, e Cina da sola vuol dire un mercato potenziale da 400 milioni di bevitori di vino, ovvero quasi 7 volte l’Italia e più degli Stati Uniti.
Ecco gli “spot light” della “Wine Industry Conference”, di Scena nell’Hong Kong International Wine & Spirit Fair, il più grande evento di settore in Asia, dove l’Italia è “partner country” 2011 grazie a Vinitaly e Verona Fiere. Punti di forza di un Paese (che vede il 30% del vino importato ripartire per la Cina, la “mainland”, grazie ad un rapporto economico privilegiato e conveniente per i produttori), raccontati da player come David Andrews, direttore generale per Hong Kong e Macau di Asc Fine Wines, un colosso dell’importazione e distribuzione del vino in Cina (24 uffici nel Paese e più di 1000 persone impiegate), Simon Tam, responsabile del settore vino per Christie’s Cina, e Christina Pillsbury, direttore generale di “Applied Wine”, piattaforma di servizi dedicata alla ristorazione. Che ha svelato dati interessanti: l’Italia, per esempio, che è alla posizione n. 5 per volume di vino importato a Hong Kong, è alla posizione n. 2 tra i Paesi ritenuti al top per qualità, preceduta soltanto dalla Francia. E il 51% dei consumatori sono “occasionali”, ovvero che consumano vino meno di tre volte a settimana, ma l’interesse che c’è intorno al vino fa concretamente sperare che molti di loro si aggiungano presto al 22% di “frequent drinker”. Che hanno abitudini insospettabili: sebbene il vino sia uno status simbol, il consumo si fa prevalentemente in casa e con gli amici più che con la famiglia (nel 40% dei casi). Tra i punti forza di Hong Kong, come mercato ma anche come “hub” per l’Asia, c’è anche la chiarezza della regole del commercio e la credibilità che ne deriva: “se una bottiglia arriva e passa da Hong Kong, non ci sono dubbi sulla sua vera origine, e questo è molto importante anche per il mercato delle aste”, spiega Simon Tam.
“In Cina si trovano in giro anche bottiglie di grandi Chateux di Bordeaux a prezzi bassissimi, troppo bassi per pensare che siano veri. Ad Hong Kong no, e se accadesse, comunque nessuno le comprerebbe”. Già, Cina, perché la grande promessa rimane il Celeste Impero. Che è un mercato affascinante ma anche complicatissimo. Ad esempio, “la distribuzione è per forza di cose frammentata, anche per le dimensioni del Paese - spiega David Andrews di Asc - e poi ci sono tanti mercati al suo interno, diversi per esigenze, dimensioni, territori e modi di fare business. Ecco perché, soprattutto all’inizio, conviene “passare” da Honk Kong per arrivarci: c’è il know how delle regole commerciali, la comprensione linguistica con la Cina (aspetto tutt’altro che secondario), la capacità di conservare il vino in modo adeguato, facilitazioni, per esempio, quando si arriva ai porti e così via”. Insomma, se l’Asia è la “terra promessa”, Hong Kong sembra proprio essere la tappa obbligata per conquistarla.

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