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PER IL PRESIDENTE DI FEDERALIMENTARE FILIPPO FERRUA, NEL 2011, I PREZZI ALLA PRODUZIONE DEL SETTORE SONO STATI IN LINEA CON L’INFLAZIONE MA NEL 2012 SARÀ DIFFICILE POTER RIPETERSI. LE CAUSE? DIFFICOLTÀ ECONOMICHE E ULTERIORE AUMENTO DELL’IVA

“Nel quadro di un anno in chiaroscuro con produzione e vendite interne in declino da un lato e, dall’altro, un buon passo espansivo dell’export, nel 2011 l’industria alimentare italiana è riuscita a contenere i prezzi dei prodotti alimentari, malgrado la forte spinta delle quotazioni internazionali delle materie prime agricole e dell’energia”. Lo dichiara il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua.

Uno sforzo, rileva il Centro Studi Federalimentare, che conferma il ruolo calmieratore dell’industria alimentare e che favorisce un mercato depresso e un consumatore colpito da crescenti difficoltà di capacità di acquisto. Le materie prime agricole, di cui l’industria alimentare è forte importatrice, hanno infatti segnato sui mercati internazionali un aumento del +11,5% nel novembre scorso rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. A fronte di tali aumenti, i prezzi alla produzione del settore sono aumentati solo del +5,5% a novembre 2011 rispetto al novembre 2010.

Se si considera che il 40% del fatturato dell’industria alimentare è fortemente dipendente dalle importazioni di commodity che incidono enormemente (fino all’80%) sui costi di produzione, è evidente che gli aumenti delle materie prime alimentari si sarebbero dovuti riverberare in maniera ben più consistente sui prezzi. Non è stato così, per i recuperi di efficienza ed il sacrificio dei margini, messi in atto dall’industria nel corso del 2011 per contenere i prezzi, al fine di salvaguardare i consumi alimentari degli italiani.

“Grazie anche allo sforzo di contenimento messo in atto da tutta la filiera- sottolinea Ferrua - l’andamento dei prezzi alimentari al consumo è riuscito ad allinearsi all’inflazione”. Non è un caso se, negli ultimi quindici anni, malgrado due pesanti crisi delle quotazioni delle commodity - quella del 2007-2008 e quella del 2010-11 - i prezzi al consumo dell’“alimentare lavorato” sono cresciuti del +40,8%, a fronte del +43% dell’inflazione, del +82% dei prodotti energetici e del +55% dei servizi.

“Le doti calmieratrici del settore - ribadisce Ferrua - vengono da lontano, da una cultura imprenditoriale sempre rivolta all’efficienza ed alla qualità dei prodotti alimentari. E tutto ciò - conclude Ferrua - nonostante l’aumento dell’Iva avvenuto ad ottobre. Per l’anno in corso però sarà difficile poter salvaguardare prezzi e consumi, sia per le difficoltà economiche che incontrano le nostre imprese ed i nostri consumatori, sia per il previsto ulteriore aumento delle due aliquote Iva di 2 punti percentuali che andranno a colpire 80 miliardi di euro di valore dei prodotti alimentari”.

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