I blocchi degli autotrasportatori iniziano a ridursi, ma ci vorrà più di una settimana per ritornare alla normalità. Intanto però sale la conta dei danni provocati dal fermo della circolazione, dato che in Italia l’88,3% delle merci viaggia su strada e 9 prodotti alimentari su 10 percorrono più di una “Mille Miglia” per arrivare dal campo allo scaffale del supermercato. Le prime stime sono da brivido: considerando tutte le attività paralizzate dallo sciopero dei tir, dalla coltivazione alla raccolta, dalla trasformazione alla vendita nella gdo, la perdita secca per l’intera filiera agroalimentare italiana arriva a 200 milioni di euro, di cui praticamente la metà ricade solo sull’agricoltura. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, sulla base di dati raccolti sul territorio nazionale.
Ancora oggi due aziende ortofrutticole su tre non riescono a conferire il prodotto. Una situazione che riguarda in primo luogo la Sicilia - sottolinea la Cia - e poi tutto il Centro e Sud Italia. Va ricordato, infatti, che la produzione ortofrutticola nazionale è distribuita soprattutto in questa macroarea del Paese, dove si colloca il 70% del valore commerciale e dove peraltro la rappresentatività di queste colture è dominante sulle altre produzioni agricole con il 57% (contro il 23% al Nord).
Tutto questo spiega l’effetto devastante che ha avuto il fermo dei tir sul settore primario, che ad oggi ha perso - continua la Cia - una cifra vicina ai 100 milioni di euro. Non riuscendo più a stoccare i prodotti né a consegnare le merci rispettando tempi e contratti di filiera, gli agricoltori, in primis siciliani, si sono trovati a dover pagare un dazio “d’oro”. E non c’è solo il danno commerciale immediato, c’è anche quello a lungo termine legato alla perdita di commesse estere, a tutto vantaggio dei nostri competitor stranieri. Da quando è cominciata la protesta dei tir, infatti, le importazioni di ortaggi da paesi come Spagna e Maghreb sono già aumentate del 30%.
Un colpo durissimo per i nostri produttori - evidenzia la Cia - tanto più che le aziende agricole già devono fare i conti con il “caro-gasolio”, aumentato in due anni del 150 per cento con un aggravio di spesa di spesa di 5.000 euro ad impresa, e con le misure della manovra, che costruiscono una vera e propria “patrimoniale in campo”. Ecco perché ora non si può andare oltre. Bisogna rimuovere tutti i blocchi e al contempo - conclude la Cia - attivare misure urgenti per garantire un sostegno economico al settore, che ora rischia davvero il “default”.
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