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IN UN DECENNIO (2000-2010), LA PRODUZIONE AGRICOLA HA PERSO IL 3,7% DEL VALORE AGGIUNTO. GIÙ ANCHE IL PESO DEL VALORE AGGIUNTO SUL TOTALE DELL’ECONOMIA NAZIONALE (DA 3,0% A 2,2%). VOLA L’EXPORT (+11,6%), 2010 ANNO DELLA RIPRESA. LO DICE L’INEA

In un decennio (2000-2010), la produzione agricola ha perso il 3,7% del valore aggiunto. Di conseguenza, si è ridotto il peso del valore aggiunto sul totale dell’economia nazionale, passando dal 3,0% al 2,2%. Vola invece l’export e il 2010 si conferma l’anno della ripresa, cresciuto dell’11,6%. Ecco i numeri più importanti dell’Annuario dell’agricoltura italiana presentato oggi dall’Inea-Istituto Nazionale di Economia Agraria. In calo, nei 10 anni, anche i posti di lavoro (-13,5%) nel settore primario con un miglioramento della produttività, che resta tuttavia al di sotto dei valori medi nazionali. Raddoppia invece la presenza di lavoratori stranieri in agricoltura: 190.000 persone, per un terzo dall’area neo-comunitaria.

L’export dei prodotti agroalimentari italiani fotografa il 2010, dice l’Inea, come l’anno della ripresa degli scambi internazionali: si è infatti registrato un netto incremento sia dell’import (+11,9%), pari a 35.408 milioni di euro, sia dell’export (+11,6%), che ha raggiunto i 28.087 milioni. Per il 2011 la crisi si fa sentire ancora ma la bilancia complessiva mostra un saldo normalizzato. Il trend positivo, per i flussi in entrata e in uscita, si riscontra in tutti i trimestri del 2010, con una accelerazione nella seconda metà dell’anno. Altro fattore a supporto della performance positiva del 2010 è l’analisi delle singole componenti che hanno prodotto la crescita in valore degli scambi: questa, infatti, non è derivata dalla componente prezzo, che anzi mostra una lieve contrazione, ma è imputabile esclusivamente a un significativo incremento dei volumi scambiati (+15,4% per l’import e +17% per l’export).

Il maggior incremento in valore dell’import ha però provocato un peggioramento del deficit agroalimentare, attestatosi a -7,321 milioni di euro. Nota negativa, anche la riduzione dell’1% del peso dell’agroalimentare sul totale delle esportazioni (8,3%) e delle importazioni (9,3%) italiane, cresciute rispettivamente del 16 e del 23%. L’Europa rimane il principale mercato di scambio dei prodotti agroalimentari italiani (70% quota export, 71% import), mentre si registra una vera e propria impennata dei flussi da e per l’Asia (+20% export, +22% import), che si conferma un mercato in forte espansione per il made in Italy agroalimentare. All’interno dell’Europa, la Germania si conferma il miglior cliente dell’Italia (quota 19,6%), ma perde leggermente terreno sul fronte importazioni, guidato dalla Francia (16,4%). Da registrare il notevole aumento dei flussi con la Spagna.

Spostando l’analisi sui comparti, resta stabile il peso dell’industria alimentare nelle importazioni (66,5%), mentre si riduce di quasi un punto percentuale per l’export (78,8%), a favore dei prodotti agricoli. A trainare la crescita della esportazioni italiane sono soprattutto i prodotti lattiero caseari (+21%), con in testa il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano (+26%), mentre il vino si conferma il principale comparto di esportazione, con un valore che supera i 4 miliardi di euro (+11% vendite). Anche sul lato importazioni il balzo è rappresentato dai lattiero caseari, spinti da un piccolo boom del latte (+35%). Aumenti significativi anche per gli oli (+20%), trainati dall’acquisto di olio d’oliva spagnolo (+36%). Il principale comparto di importazione rimane però la carne, con un valore degli acquisti pari a 4,350 milioni di euro. Sul fronte dei prodotti, emerge una netta contrazione delle vendite di “conserve di pomodori e pelati” e in misura più lieve delle pasta (-3% in valore, +4% in volume). Performance positive, invece, per i prodotti dolciari a base di cacao e per l’extra vergine di oliva (+10% in valore). Sul lato delle importazioni si registrano invece aumenti per tutti i principali prodotti. A livello geografico, il Nord Italia conferma la propria egemonia sia per le esportazioni, (69%), sia per le importazioni (71%), con Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte che concentrano quasi due terzi degli scambi agroalimentari nazionali.

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