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AL GRIDO “SIAMO COI CONTADINI”, ARRIVA IL “MANIFESTO DI RESISTENZA CONTADINA” DI SLOW FOOD CAMPANIA A DIFESA DELL’AGRICOLTURA CHE RESISTE ALL’INDUSTRIALIZZAZIONE E OMOLOGAZIONE DEL CIBO, ALL’AVANZARE DEL CEMENTO, AL DIFFONDERSI DELL’ILLEGALITÀ

Al grido “siamo coi contadini”, arriva il “Manifesto di resistenza contadina”, a difesa dell’agricoltura che resiste all’industrializzazione e omologazione del cibo, all’avanzare del cemento, al diffondersi dell’illegalità: presentato oggi al Ristorante Umberto a Napoli - il cui patron Massimo Di Porzio si definisce esponente della “resistenza gastronomica” - è un documento nato dall’esigenza di contrastare la difficoltà perenne e crescente dell’agricoltura di piccola scala e stilato da Slow Food Campania attraverso l’ascolto delle voci dei contadini. Come quella di Vincenzo Egizio, contadino di Brusciano: “nella nostra terra - sottolinea - esistono tante piccole aziende con prodotti che sono riconosciuti di grande qualità ma che non riescono a fare reddito perché non possono competere col mercato agroalimentare oggi in essere. I prodotti hanno a priori un prezzo definito e una scheda tecnica e organolettica che non tiene conto né dei costi effettivi né della biodiversità, unici testimoni di una produzione rispettosa del territorio. Oggi c’è bisogno di ritornare al rispetto del terreno”.

O come quella di Maria Scarinzi, figlia di contadini, che racconta “della città cattiva, quella dove bisogna abbassare la voce per non dare fastidio e dove l’unico verde è quello dei campi di calcio. Credevo che la città giusta fosse quella dove funziona tutto - dice - mentre oggi posso dirvi che ho deciso di rimettere al centro le radici, la famiglia e di pensare all’agricoltura come prima e più antica forma di fede”.

“Avremmo preferito non ci fosse bisogno di “resistenza” - spiega Gaetano Pascale, presidente Slow Food Campania - invece oggi dobbiamo porre un punto di partenza: noi siamo coi contadini. “Resistenza contadina” è un manifesto aperto, un punto di partenza sul quale ragionare con chiunque voglia unire la propria voce a quella dei contadini. Slow Food non vuole e non deve rappresentare i contadini, ma apprendere da loro e dargli voce. Noi avremo iniziative nelle Condotte per aiutare i contadini a superare difficoltà diventate insostenibili. Il Manifesto parte dalla Campania ma vuole arrivare, con i dovuti distinguo, in ogni parte del mondo”. Attraverso anche la comunicazione: “l’Arga-Associazione Regionale Giornalisti Agroalimentari Campania - conclude Gianpaolo Necco - si occuperà di divulgare il Manifesto in tutte le Regioni dove figurano le Arga. I contadini non sanno più con chi parlare. Siamo un Paese in crisi ma c’è una speranza: a Napoli, città di mare, si parla di agricoltura”.


Focus - “Il Manifesto di resistenza contadina”

Slow Food, attraverso “Resistenza contadina”, vuole dare voce, sostegno e opportunità a tutti quei contadini che resistono a:

- un sistema di distribuzione del cibo che strozza i margini di chi lavora la terra, ben al di sotto della soglia di convenienza: il valore dei prodotti della terra si è progressivamente ridotto, soprattutto quando le produzioni agricole sono destinate alla trasformazione e al confezionamento da parte dell’industria alimentare;

- una legislazione che privilegia sempre di più i processi di industrializzazione del cibo: le norme del settore agroalimentare penalizzano le produzioni tipiche e di piccola scala e in alcuni casi determinano l’abbandono di metodi produttivi tradizionali, la burocratizzazione diviene spesso insostenibile per le piccole aziende agricole. Il proliferare di adempimenti burocratici, spesso oltre ogni logica, costringe i contadini a destinare tempo e risorse che vengono così distolte dall’attività produttiva vera e propria;

- l’avanzare del cemento che, soprattutto nelle zone periurbane, determina una progressiva e irreversibile perdita di suoli agricoli: in queste aree la vendita di terreni a scopi edificatori determina un ricavo che l’agricoltore non realizzerebbe nell’intero arco della sua vita lavorativa, disincentivando di fatto qualsiasi attività agricola;

- il diffondersi dell’illegalità anche nei sistemi di produzione del cibo: in alcuni contesti il rischio di contaminazione con forme più o meno organizzate di illegalità è molto alto. Illegalità che in questi casi può assumere forme diverse, dall’utilizzo del lavoro nero e del caporalato nelle aziende agricole allo sversamento abusivo dei rifiuti su suoli agricoli, dal riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite al controllo dei mercati di beni alimentari
- all’omologazione dilagante dei prodotti alimentari: la competizione commerciale si gioca pressoché esclusivamente sul prezzo, rendendo sempre più difficile la sopravvivenza di quei produttori che puntano sulla biodiversità, su varietà ed ecotipi locali, su pratiche tradizionali ed eco-sostenibili.

Pertanto Slow Food ritiene necessaria una forma di resilienza - in ecologia e biologia, la capacità di un ecosistema di mantenere l’omeostasi, ovvero la condizione di equilibrio del sistema, a seguito di un intervento esterno (come quello dell’uomo) che può provocare un deficit ecologico, ovvero l’erosione della consistenza di risorse che il sistema è in grado di produrre rispetto alla capacità di carico - per consentire a tutti quegli agricoltori che resistono con ostinazione ad avversità e a ostacoli così grandi, di continuare a svolgere il proprio lavoro con dignità e con le opportunità che un’attività tanto nobile dovrebbe naturalmente offrire.

Info: www.slowfoodcampania.com

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