Più di una bottiglia su cinque nel mondo “parla” italiano. Il vino tricolore mette a segno anche quest’anno performance eccezionali sui mercati oltreconfine, facendo registrare un nuovo record per il 2011, che si è chiuso con un balzo in avanti in valore del 12% e in volume del 9%. Cifre che consolidano il primato mondiale dell’Italia per quantità di vino esportato nel mondo. Ma se da una parte il comparto continua a segnare un record dopo l’altro oltre confine, in patria i consumi restano al palo e il vino venduto all’estero ha superato per la prima volta quello consumato in patria. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori. A gradire più di tutti il nostro vino sono la Germania, il Regno Unito e gli Usa. Ma la classifica si inverte se guardiamo alla qualità: a confermarsi i più affezionati delle nostre etichette certificate, infatti, si confermano gli Stati Uniti con un import di 948 milioni di euro, seguiti dai 919 milioni della Germania e dai 509 del Regno Unito.
Il vino italiano gode di un successo ormai planetario, rappresentando ben il 22 per cento del mercato mondiale, con più della metà delle bottiglie “made in italy” che hanno varcato i confini nazionali: degli oltre 44 milioni di ettolitri che rappresentano la produzione complessiva del 2011, infatti, sono 24 quelli consumati all’estero contro i 20 che sono rimasti in Italia. Se, quindi, si brinda sul fronte dell’export, meno entusiasmante è il risultato dentro i confini nazionali, dove continua il trend in ribasso dei consumi che va avanti dagli anni ’70, quando la quantità procapite si aggirava intorno ai 100 litri e che solo negli ultimi 15 anni è calata di 12 litri, passando da 55 a 43 litri. In compenso, gli italiani stanno affinando i propri gusti, dimostrando di ricercare sempre più la qualità: le uniche bottiglie a fare un passo avanti nei dodici mesi del 2011, infatti, sono quelle di fascia alta, in particolare quelle a denominazione d’origine, che registrano un aumento dell’11,1% in volume, mentre le vendite di vino nella Grande distribuzione sentono gli effetti della crisi. Proprio il contrario di ciò che succede oltreconfine, dove i vini italiani che migliorano le proprie performance sono i vini sfusi.
Nonostante i successi collezionati in tutto il mondo, però, il comparto vinicolo mantiene delle contraddizioni su cui bisogna intervenire, a partire dalla più equa distribuzione dei guadagni nella filiera. “Non tutti gli attori del mondo del vino raccolgono - afferma il presidente della Cia Giuseppe Politi - gli stessi risultati dalle performance positive del settore. A soffrire di più è proprio il “primo anello” della catena, costituito dai produttori di uva, che del prezzo al consumo della bottiglia “mettono in tasca” meno del 15%. Ecco perché è necessaria una coerente politica che migliori il funzionamento del mercato, riposizionando gli aiuti e i sostegni che erano destinati alla distillazione e ai mosti per aumentare le capacità competitive del settore, a partire dalla base produttiva”.
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