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IMMIGRAZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NAPOLITANO: STRANIERI ESSENZIALI PER L’AGRICOLTURA. NEI CAMPI 1 LAVORATORE SU 5 NON È ITALIANO. I LAVORATORI STRANIERI ESSENZIALI PER L’AGRICOLTURA (IN 15 ANNI IL NUMERO È QUADRUPLICATO)

L’agricoltura italiana è sempre più multietnica. Rappresenta per gli stranieri una possibilità forte di integrazione nel Paese e per le imprese una risorsa importante di forza lavoro. E infatti in soli quindici anni il numero di immigrati occupati nel settore primario è quasi quadruplicato, passando dalle 52.000 unità del 1995 alle 197.000 unità del 2010. Si tratta di una “fetta” rilevante del comparto, pari al 20% del totale, che dimostra e racconta il ruolo indispensabile assunto negli anni dagli extracomunitari in campagna e sui campi. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, commentando positivamente il messaggio del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel convegno Cia “Immigrati: una sfida e una necessità”.

A dimostrazione di quanto siano divenuti una presenza strutturale per il comparto, basta ricordare - sottolinea la Cia - le difficoltà avute nei territori emiliani, di fronte all’esodo di diverse comunità straniere all’indomani del sisma. Proprio nella “Food Valley”, dove si produce il 17% della frutta italiana, le principali campagne di raccolta sono gestite da anni da una folta comunità di slavi ed est-europei, che oltre a fornire i numeri per le operazioni in campo, ha acquisito l’esperienza e le competenze necessarie a un comparto di grande qualità. E proprio la raccolta di frutta e la vendemmia - ricorda la Cia - assorbono poco più della metà dei lavoratori stranieri (53,8%). Per il resto, un terzo (29,9%) è impiegato nella preparazione e raccolta di pomodoro, ortaggi e tabacco; il 10,6% nelle attività di allevamento; il 3,2% al florovivaismo e il restante 3,5% in altre attività come l’agriturismo o la vendita dei prodotti. Per tunisini, indiani, marocchini, albanesi e pachistani il lavoro nei campi è ancora e soprattutto al Nord Italia - continua la Cia - in particolare in Trentino (27%), Emilia Romagna (12,7%) e Veneto (10%); percentuali elevate si registrano, comunque, anche nel Sud, prima di tutto in Campania (10%), Puglia (9%) e Calabria (7,5%).

Ma il dato forse più rilevante - che rende chiaro l’altissimo livello di qualificazione e di specializzazione raggiunto dagli immigrati nel settore primario, e in particolare nei comparti delle colture arboree e ortive - è la crescita del numero di imprese agricole a titolarità extracomunitaria: oggi sono 7.000, in pratica l’1,5% del totale delle aziende del settore.

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