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BISTECCA, IL “GRANDE INQUINATORE”: DOPO LE INSTALLAZIONI INDUSTRIALI E I TRASPORTI, LA PRODUZIONE DI CARNE, BOVINA IN PRIMIS, È LA TERZA FONTE DI EMISSIONI DI CO2. IL SOLO ALLEVAMENTO È RESPONSABILE DEL 12,8% DELLE EMISSIONI IN EUROPA. LO DICE LA LAV

La bistecca, il “grande inquinatore”: dopo le installazioni industriali-energetiche ed i trasporti, il ciclo di produzione della carne è la terza fonte di emissioni inquinanti (Co2), con il solo settore “allevamento animali” stimato responsabile per circa il 12,8% delle emissioni totali nell’Unione Europea, che è il più grande importatore ed esportatore mondiale di prodotti zootecnici. E tra le varie tipologie di carne, è quella bovina ad avere un maggiore impatto ambientale: da 4 a 8 volte superiore a quello del pollame e 5 volte superiore a quello dei suini. Parola del rapporto della Lav “I costi reali del ciclo di produzione della carne”, curato da Gaia Angelini, in cui si analizzano tutti gli impatti, ambientali, economici, salutari ed etici, che questa produzione genera, secondo i più importanti studi internazionali degli ultimi anni.

Il rapporto arriva a poche ore dall’inizio della Conferenza Onu Rio+20 dove si discuterà di cambiamenti climatici, di green economy, di obiettivi mancati e di interventi da mettere in atto. Sulla base di tale analisi, la Lav avanza una serie di proposte per una nuova politica alimentare “sostenibile”. L’Unione Europea è il più grande importatore ed esportatore mondiale di prodotti zootecnici e il primo importatore mondiale di prodotti zootecnici dai Paesi in via di sviluppo, è il terzo produttore mondiale di emissioni di Co2 dopo Cina e Usa e, dunque, si conferma indiscusso leader politico globale per la lotta al cambiamento climatico. Tra le proposte della Lav, articolate in dieci punti, la riconversione degli allevamenti intensivi che si basano su processi di tipo industriale, l’abolizione dei sussidi che incentivano la produzione di carne e l’introduzione di una normativa di etichettatura e tracciabilità in modo che i consumatori possano riconoscere senza sforzo la provenienza dell’animale, dove sia stato eventualmente trasportato, come e dove sia stato allevato, quanti chilometri abbia percorso in vita e dove sia stato ucciso e macellato. Inoltre l’etichettatura dovrà chiaramente specificare i metodi di allevamento utilizzati. Questo aiuterà a guidare i consumatori verso una scelta responsabile.

Il ciclo di produzione della carne si distingue come la terza fonte di emissioni inquinanti (Co2) dopo le installazioni industriali/energetiche e i trasporti. Secondo un recente studio della Commissione europea (2011) il settore “allevamento animali” (in cui si prendono in esame solo alcune delle fasi del ciclo produttivo), viene stimato responsabile per il 12,8% delle emissioni totali nell’Ue. Altre stime suggeriscono che sia responsabile per una quota tra il 18% (Fao) e il 51% (World Watch Institute) delle emissioni di Co2. I prodotti di carne e latte sono stimati responsabili per il 24% dell’impatto ambientale cumulativo esercitato dai prodotti sul mercato europeo. Gli allevamenti sono responsabili per il 60% delle emissioni antropogeniche di ammoniaca, un gas che contribuisce alle piogge acide e all’acidificazione degli ecosistemi. Se la produzione di carne continuasse a crescere al ritmo attuale, le sue emissioni di Co2 raddoppierebbero entro il 2050, intralciando seriamente lo sforzo internazionale di riduzione di emissioni da gas serra provenienti dalle altre fonti. Secondo la Fao (2006; 2011) si allevano e si macellano 56 miliardi di animali ogni anno e il consumo di carne dovrebbe crescere del 73% entro il 2050. Inoltre, la fabbricazione di mangimi, l’allevamento, la macellazione degli animali vivi e la distribuzione di prodotti carnei, sono attività che incrementano il trasporto globale ed europeo e quindi le emissioni di Co2. Attualmente non sembra esistere una valutazione complessiva di questo tipo di trasporti, ma alcune indicazioni sono presenti in alcuni recenti rapporti tecnici. Il trasporto totale in Europa produce circa 992.3 milioni di tonnellate di Co2. Aggiungendo a questo dato il trasporto marittimo e aereo si raggiunge la cifra di 1297 milioni di tonnellate Co2 all’anno. Il trasporto rappresenta il 19% delle emissioni totali di Co2 nell’Ue.

Tra le varie tipologie di carne, è quella bovina ad avere un maggiore impatto ambientale: da 4 a 8 volte superiore a quello del pollame e 5 volte superiore a quello dei suini. La quantificazione in termini monetari dell’impatto cumulativo di carne e prodotti lattiero-caseari è stimata a 250 miliardi di euro, con tutti i limiti e le incertezze di tale monetizzazione. L’inquinamento del suolo derivato dagli allevamenti si ripercuote sulle falde acquifere sotterranee. La Fao ha calcolato che in Europa il settore della produzione della carne ha utilizzato, nell’anno 2000, 13 milioni di tonnellate di fertilizzanti sintetici. Nell’agricoltura europea quasi il 50% delle immissioni di nitrati nel suolo derivano dai fertilizzanti chimici, mentre il 40% deriva dai liquami animali. L’allevamento intensivo è una delle attività che impiega più acqua al mondo. L’utilizzo di acqua da parte degli allevamenti salirà del 50% entro il 2025, contribuendo in maniera significativa alla scarsità idrica mondiale del prossimo decennio. La produzione di 0,2 kg di carne di bovino si può tradurre nell’utilizzo di 25.000 litri di acqua. Si stima che negli Stati Uniti nel 2007 il sistema di allevamento ne abbia utilizzato, per tutte le fasi di produzione di carne, più di 14.687 milioni di litri al giorno. Un bovino adulto da allevamento può bere in media tra i 30 e i 50 litri di acqua al giorno e un suino 10 litri.

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