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“PER AFFRONTARE NUOVE SFIDE COMPETITIVE, PUR CON LA CRISI, NESTLÉ-PERUGINA PROPONE “UN PATTO GENERAZIONALE PER FAVORIRE L’OCCUPAZIONE GIOVANILE”: ASSUMERÀ I FIGLI DI CHI RIDURRÀ LE SUE ORE DI LAVORO. NO DI FLAI-CGIL: “DIVIDE LAVORO IN DUE”

Non Solo Vino

Nestlé è “fortemente convinta” che lo stabilimento Perugina di San Sisto, vicino a Perugia (la fabbrica che produce i famosi Baci Perugina, la più importante che la multinazionale ha in Italia, che produce 30 milioni di tonnellate di cioccolato all’anno e ne esporta il 40%) “possa affrontare e vincere le nuove sfide competitive, pur in un contesto di crisi, tanto da aver proposto al sindacato l’adozione di un “patto generazionale per favorire l’occupazione giovanile””. In particolare, l’azienda “a fronte dello slittamento delle pensioni, che rischia di sbarrare la strada alle occasioni di lavoro per i giovani, ha ritenuto opportuno offrire ai lavoratori che volontariamente accetteranno di ridurre l’orario di lavoro da 40 a 30 ore settimanali, la possibilità dell’assunzione di un figlio presso lo stabilimento di San Sisto”. In un comunicato riportato dall’Ansa, Nestlé Italiana definisce questa proposta una “risposta seria, responsabile e coraggiosa in un momento di difficoltà per l’economia, non solo in Umbria e in Italia, ma in molti Paesi europei”. Ma i sindacati non la pensano così: “ma quale patto generazionale alla Perugina? Si divide il posto di lavoro in due senza garantire uno stipendio decente a nessuno”, afferma in una nota il segretario nazionale Flai Cgil Mauro Macchiesi.

Accanto al fatto che con la riforma pensionistica voluta dal Ministro del Lavoro Elsa Fornero c’è il rischio, nei prossimi anni, di avere una forza lavoro invecchiata, con almeno un quarto dei 1.000 dipendenti dello stabilimento di San Sisto che vedrà allontanarsi la pensione di 7 o anche 8 anni, per la Nestlé la proposta ha l’obbiettivo anche di aumentare la produttività dell’impianto che deve competere dentro lo stesso sistema della multinazionale con gli altri impianti tedeschi, francesi e inglesi. “Innanzitutto va tenuto presente che operiamo in un microcosmo - spiega al “Corriere della Sera” Gianluigi Toia, direttore delle relazioni industriali di Nestlé - per cui già ci sono rapporti di parentela stretta tra molti dei nostri dipendenti. Non sarebbe una novità. E comunque nella proposta che abbiamo messo a punto diamo agli operai un’opportunità, non un diritto. Possono proporre il nome del figlio, ma alla fine decideremo comunque noi sulla base di una selezione di merito”.

“Non si possono accettare proposte camuffate di ridimensionamento del sito produttivo di Perugia dopo che per anni, a livello di Nestlé Europa, il sito di Perugia è stato decantato per efficienza e relazioni sindacali avanzate grazie anche ai lavoratori ed al sindacato che si è sempre dichiarato disponibile a confrontarsi sulle esigenze dell’azienda - controbatte Macchiesi - proporre la trasformazione di rapporti di lavoro full-time dei padri in part-time, per assumere i figli (sempre in part-time) significa dividere il posto di lavoro in due senza garantire uno stipendio decente a nessuno dei due. E’ come trasformare un sito produttivo a forte connotazione industriale in una sorta di call center”.

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