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CEREALI E LEGUMI, OLIO, VINO E VERDURE, MA ANCHE CARNI, PESCI E FORMAGGI: L’ISTITUTO DI STUDI SULLE CIVILTÀ ITALICHE E DEL MEDITERRANEO ANTICO DEL CNR SVELA IL MENÙ DEGLI ANTICHI ETRUSCHI. UNA DIETA TIPICA DELLA CULTURA GASTRONOMICA MEDITERRANEA

Non Solo Vino
Un banchetto etrusco

Se della cucina dell’antica Roma conosciamo nei dettagli le eccentriche pietanze dei Patrizi, e l’opposta frugalità del pasto di schiavi e legionari, della cucina e dei cibi degli Etruschi sappiamo veramente poco. Ci è ben noto solo che i banchetti dei nobili erano sontuosi, a giudicare dalla rappresentazione nella pittura funeraria di età arcaica, che ha proprio nel “banchetto” del principe il suo soggetto preferito. A svelare qualcosa di più sul menù degli Etruschi è stato Vincenzo Bellelli dell’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr, come riporta l’Almanacco della Scienza. “Per risalire a un plausibile menù etrusco, in mancanza di fonti scritte, dobbiamo procedere attraverso l’archeologia, la paleobotanica, l’archeo-zoologia, la glottologia e lo studio dell’iconografia”, ha spiegato Bellelli. “I nobili etruschi si facevano seppellire con ricchi corredi contenenti strumenti da banchetto ceramica e vasellame in bronzo, spiedi per arrostire le carni e calderoni per bollirle, e non mancavano di portare con loro alcuni cibi la cui presenza è stata più volte osservata all’interno delle sepolture: frutta, uova, olive, nocciole e vino”. Vino che, almeno inizialmente, era riservato ai ceti aristocratici, “come in Grecia, dove rappresentava un bene di prestigio, e non di rado il vino era consumato con aggiunta di spezie, secondo la moda “orientale”, oppure con aggiunte di formaggio grattugiato, come descritto da Omero”.

Un paio di rappresentazioni, risalenti all’età tardo-classica ed ellenistica (IV-II sec. a.C.), riproducono le cucine del banchetto in piena attività: cuochi addetti alla macellazione delle carni e servi chini sul mortaio. La carne, quindi, era un piatto importante: “l’area urbana centrale di Cerveteri, scavata dall’Iscima-Cnr, ha restituito cospicui resti di ossa - spiega ancora Bellelli - riconducibili a bovini, suini e ovini. Si trattava evidentemente delle specie animali domestiche più importanti dell’allevamento, l’attività economica primaria, unitamente all’agricoltura. Le pecore e le capre, oltre alla carne e alla lana, fornivano poi il latte e i formaggi. Diffusi erano anche i volatili d’allevamento, anatre e galline”. Anche i resti organici vegetali rinvenuti negli scavi, debitamente analizzati in laboratorio, offrono indicazioni puntuali sulla “dieta” seguita dalla comunità etrusca, così come gli utensili usati per la cottura. “Le abitudini delle classi inferiori erano molto frugali, la dieta quotidiana dei meno abbienti - continua il ricercatore - era largamente basata sui legumi e sui cereali. Il frumento, il farro, il panico e l’orzo venivano consumati in focacce e sotto forma di farinata. Il pasto-tipo, in questi casi, era una sorta di minestra vegetale simile alla “puls” dei romani (polenta di farro), ricca di vitamine e di fibre, portata lentamente ad ebollizione. Lo dimostra l’uso diffuso di piccole pentole di coccio analoghe alle “kythrai” greche, posizionate su fornelli fittili portatili di cui gli scavi di tutta l’Etruria hanno restituito numerose testimonianze. Dalla frequenza e dalla dimensione, sembra che fra le classi asservite e semi-libere della popolazione, fossero utilizzati kit da cucina personali, con cui ciascuno preparava il proprio pasto”. Cereali e legumi (ceci, lenticchie, piselli e fave), olio, vino e verdure erano quindi la base di questo regime alimentare, che non disdegnava il consumo di carni, pesci e formaggi: gli elementi caratteristici della cultura gastronomica mediterranea, ancora priva di patate, pomodori e peperoncino, che sarebbero arrivati dall’America solo nel XVI secolo.

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