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SI CHIAMA “VESPA VELUTINA NIGRITHORAXIS”, L’ULTIMA SPECIE “STRANIERA” INVASIVA CHE MINACCIA LE API E STA PER VARCARE IL CONFINE ITALIANO. È L’ALLARME DELL’ISPRA CHE CON L’AGENZIA UE DELL’AMBIENTE CHIEDE UNA REGOLAMENTAZIONE PER AFFRONTARE IL PROBLEMA

È un calabrone asiatico che attacca le api da miele europee, si chiama “vespa velutina nigrithoraxis” ed è la prossima specie “straniera” invasiva a sbarcare in Italia che minaccia le preziose impollinatrici, soprattutto nel periodo fra giugno e settembre. Avrà un forte impatto sull’apicoltura, un settore già colpito negli ultimi anni dalla moria delle sue protagoniste, ma non solo visto che l’84% delle specie di piante e il 76% della produzione alimentare in Europa dipende dall’impollinazione delle api. È l’allarme lanciato dall’Ispra-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che denuncia la mancanza di un quadro di ruoli e competenze per affrontare l’emergenza specie “straniere” invasive, come anche il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) “Late Lessons from Early Warnings, volume 2”: “l’Unione europea non ha ancora messo a punto un coordinamento e un meccanismo comune di allarme rapido per fronteggiare l’emergenza”.

“La “vespa velutina nigrithoraxis” è stata ufficialmente definita come residente in Francia nel 2005 - spiega Piero Genovesi dell’Ispra - e prima della fine del 2006 era presente nella regione dell’Aquitania e infine si è stabilita definitivamente nell’area sudoccidentale del Paese. Poi è arrivata in Spagna ed è pronta a varcare anche il confine con l’Italia”. L’ipotesi più probabile è che questo calabrone asiatico sia arrivato insieme a della merce cinese dallo Yunnan, e le condizioni climatiche dell’Europa meridionale sono simili a quelle dell’Asia continentale. Nel nostro Paese però non c’è un organismo nazionale o regionale da allertare che prepari delle contromisure su questi insetti invasivi, a meno che non attacchino l’agricoltura. “Ormai è sicuro che arriverà a breve - sottolinea Genovesi - e di fronte all’emergenza scatenata dall’arrivo di specie nocive come queste i vari Paesi Ue saranno chiamati a creare un meccanismo di coordinamento, che farà riferimento a servizi già esistenti, come servizi fitosanitari e servizi regionali, come le Arpa. Purtroppo però ad oggi non c’è ancora un quadro chiaro di ruoli e di competenze”.

Infatti, a dieci anni di distanza dagli sos lanciati dagli scienziati, l’Unione europea non ha ancora messo a punto un coordinamento e un meccanismo comune di allarme rapido per fronteggiare l’emergenza specie “straniere” invasive. Il risultato è che il problema sta diventando sempre più grave. A lanciare l’avvertimento è l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente, “Late Lessons from Early Warnings, volume 2”, in cui vengono esaminati i tanti allarmi che in passato sono stati ignorati, fino a quando il danno non è stato evidente. In tutta l’Europa, Italia compresa, manca ancora un sistema di sorveglianza coordinata, sottolinea il rapporto. Molti paesi Ue si stanno dotando di regole, ma senza un impianto europeo è difficile che le misure siano efficaci. Per questo la Commissione Ue ha promesso presto l’arrivo di norme ad hoc. Dal rapporto dell’Aea appare inoltre evidente che l’allarme per le invasioni biologiche non riguarda solo l’ambiente ma anche più direttamente l’uomo, perché colpisce anche “l’agricoltura, la pesca, le attività forestali e la salute umana”. Il rapporto Aea, infine, raccomanda, tra le altre cose, di evitare la “paralisi da analisi”: non bisogna continuare a proporre studi ma agire.

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