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“HORSEGATE” ANCHE IN ITALIA. CIA-CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI, COLDIRETTI, COPAGRI E ASSOMACELLAI: COLPA DELLA CARENZA LEGISLATIVA SULL’ETICHETTATURA. CONFAGRI: NON CREARE “MOSTRI MEDIATICI”. FOCUS: SLOW FOOD, “VOTARE CON LA FORCHETTA”

L’“horsegate” si espande sempre più in Europa arrivando anche in Italia e insieme a lui si riapre il tema dell’etichettatura dei prodotti alimentari. Lo scandalo della carne di cavallo, infatti, venduta come bovina scoppiato inizialmente con le lasagne in Gran Bretagna, vede ora il primo piano il Belpaese. Se all’inizio il “fattaccio” era venuto fuori dalla società produttrice francese di carne che fornisce la “Findus”, ma non la filiale italiana, che aveva costretto il ritiro delle lasagne incriminate dal mercato francese, inglese e svedese, ora riguarda anche i tortellini e i ravioli griffati Buitoni, che fa capo al colosso Nestlè, ritirati dagli scaffali italiani, perché contenenti Dna di cavallo pari all’1%. E se non ci sono rischi per la salute, come ci tiene a specificare anche la Nestlè, per Cia-Confederazione italiana agricoltori, Coldiretti, Copagri e Assomacellai si tratta della conseguenza della carenza legislativa in materia di etichettatura, tracciabilità e trasparenza degli scambi. Confagricoltura esorta, invece, a non creare l’ennesimo “mostro mediatico”.

Lo scandalo della carne di cavallo, sottolinea la Cia, mette in luce, se ancora ce ne fosse bisogno, le gravi carenze della legislazione comunitaria sulla tracciabilità dei prodotti alimentari. La trasparenza della filiera della “materia prima” non si fa soltanto con i test del Dna. I controlli decisi dall’Ue a partire da marzo possono rappresentare una prima risposta allo scandalo, una misura “tampone” per ridare fiducia ai consumatori ed evitare psicosi collettive, spiega la Cia, ma certo non risolvono il problema alla radice. Per evitare il ripetersi in futuro di casi del genere, l’unica soluzione strutturale è l’etichettatura d’origine obbligatoria su tutti gli alimenti freschi e trasformati, cominciando proprio dall’estensione dell’obbligo di provenienza per ogni tipo di carne e non più solo quella bovina. Solo in questo modo si possono tutelare tutti i soggetti coinvolti nella vicenda: prima di tutto i consumatori, per i quali la garanzia di sicurezza alimentare è il criterio al primo posto nelle scelte di consumo, poi l’industria agroalimentare, in particolare quella made in Italy, visto che tutti i prodotti finora coinvolti nello scandalo, dalle lasagne ai tortelli, conclude la Cia, rievocano l’immagine della cucina italiana, anche se il contenuto ha poco a che fare con gli allevatori e le aziende nazionali.

Dello stesso avviso anche Coldiretti che sottolinea come in Italia nel 2012 sono stati importati 30 milioni di chili di carne di cavallo senza l’obbligo di indicarne la provenienza in etichetta nella vendita al dettaglio o come ingrediente nei prodotti trasformati. E la decisione di Nestlè, sottolinea la Coldiretti, è stata presa anche da altre aziende a livello europeo a seguito dei numerosi sequestri avvenuti in diversi Paesi dell’Ue, che conferma i gravi ritardi della normativa comunitaria nel garantire la trasparenza degli scambi e prevenire le frodi. Gli italiani, sottolinea la Coldiretti, sono tra i maggiori consumatori di carne di cavallo in Europa con un quantitativo medio di 1 chilo a testa per un totale di 42,5 milioni di chili; un prodotto importato per quasi la metà dalla Polonia, ma anche da Francia e Spagna mentre poco più di un milione di chili proviene dalla Romania.

Secondo Copagri la vicenda è un danno d’immagine ed economico per l’agroalimentare made in Italy perché il marchio coinvolto, pur essendo proprietà di una multinazionale sul mercato viene percepito dal consumatore come portatore di un’identità italiana. E anche la Confederazione Produttori Agricoli concorda sul fatto che il problema non è la sicurezza alimentare, “ma un’etichettatura fuorviante rispetto al reale contenuto dei prodotti - spiega il presidente della Copagri, Franco Verrascina - e occorre evitare ulteriori effetti negativi sull’economia agroalimentare nazionale, con il consumatore che può continuare a optare per lasagne, tortellini, ravioli ma va aiutato nelle sue scelte con un intervento deciso a favore dell’obbligo dell’indicazione dell’origine nelle etichette non solo dei diversi tipi di carne, ma di tutti i prodotti alimentari”.
Lo stesso afferma Assomacellai che sottolinea come non si tratti di una questione che non riguarda la salubrità o la sicurezza alimentare dei prodotti e tanto meno di quelli equini, ma la violazione delle norme di etichettatura, prefigurando la frode in commercio operata da grandi marchi dell’industria alimentare. Si è fatta molta confusione e dette molte inesattezze, spiega l’associazione, il rischio evidente è che si passi dalla denuncia di violazione del principio di corretta informazione dei consumatori, che hanno il diritto di conoscere ciò che acquistano, alla sicurezza della carne equina che non è messa in discussione. Per l’associazione episodi come quelli denunciati richiedono la massima sorveglianza delle autorità competenti e la più rigorosa applicazione della legge, essendo lesivi degli interessi di un settore importante della nostra economia e di un prodotto sano e richiesto in molte diete alimentari”.

A sottolineare la salubrità della carne di cavallo anche Confagricoltura che esorta a non creare “mostri mediatici” che non fanno bene alla filiera: “la carne equina non fa male - spiega il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi - anzi fa bene e viene consigliata in alcune patologie perché ricca di ferro. Ma i consumatori hanno diritto di sapere cosa consumano e se risponde ai loro desideri e necessità. Se si dichiara in etichetta che è carne di manzo ed invece è equina è una frode in commercio. Il fatto che le frodi vengano scoperte vuol dire che il sistema dei controlli europei funziona a dovere. C’è un monitoraggio costante di quanto viene immesso in vendita, controllato lungo tutte le fasi della filiera, produzione-trasformazione-distribuzione. In questo caso l’allarme non sempre è scattato immediatamente perché ci sono stati comportamenti criminali che hanno impedito che ciò accadesse, come le triangolazioni di carne equina tra vari Paesi. Non creiamo nuovi “mostri mediatici”, che disaffezionano i consumatori ed anche i buyer, e rischiano di penalizzare i produttori onesti che portano nel mondo il made in Italy di qualità. In questo momento - sottolinea il presidente di Confagricoltura - le nostre aziende sono fortemente impegnate nell’export e l’allarmismo le penalizza. Non c’è nessun pericolo per la salute umana ed i prodotti in vendita sono sicuri. Sia chiaro che questo non vuol dire che chi ha frodato non debba essere punito, al contrario, occorre essere rigorosi e intransigenti. I consumatori si attendono garanzie immediate sui prodotti alimentari in vendita. Non quello che si dovrà fare, ma quello che si sta facendo. Dobbiamo dire loro - conclude Guidi - che il sistema attuale dei controlli degli alimenti è assolutamente affidabile e sta portando risultati concreti. E dobbiamo dire loro che i controlli saranno ancor più intensificati”.

Focus - Il punto di vista di Slow Food: “È ora di votare con la forchetta” ...

“Dobbiamo smettere di mangiare menzogne”. Così Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia, commenta lo scandalo della carne di cavallo spacciata per manzo, approdato in queste ore anche in Italia.

“Non possiamo pensare si tratti solo di un caso isolato - sottolinea Burdese - adesso si tratta di carne di cavallo, ma domani cosa sarà? È ora di reagire e di pretendere di sapere tutta la verità sul cibo che mangiamo”. Da sempre Slow Food si batte per difendere un modello alimentare sostenibile, che rispetta i tempi della natura e degli uomini, raccontando le storie di chi produce il cibo e insegnando a prediligere alimenti freschi, locali e di stagione. “Abbiamo bisogno della partecipazione e dell’aiuto di tutti se vogliamo davvero cambiare le cose: non possiamo più accettare un sistema che mette ai margini i cibi della nostra cultura, della nostra tradizione, della nostra identità, ingiustamente bollati come “elitari, di nicchia” e rimpiazzati da lasagne che, senza comunicarlo, contengono carne di cavallo, per di più di origine ignota. Nella speranza che non emergano anche problemi per la salute, che per ora vengono esclusi, ma sui quali a questo punto non nutriamo più alcun tipo di certezza. Chiediamo ai nostri politici - continua Burdese - di battersi concretamente per un sistema più giusto e trasparente, con etichette complete e maggiori garanzie per tutti. Ma soprattutto chiediamo ai consumatori di aprire gli occhi, di essere più consapevoli delle proprie scelte, cominciare a farsi domande e a rendersi conto che con i propri acquisti ogni giorno votano per un sistema alimentare piuttosto che per un altro. E se vogliamo cambiare le cose, la strada da fare è tanta ma comincia con l’abbandonare un modello alimentare “pronto” - conclude Burdese - di cui spesso non ci possiamo fidare”.

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