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LA DRUNKORESSIA O “ANORESSIA DA HAPPY HOUR” SI DIFFONDE ANCHE IN ITALIA: 300.000 I CASI DI RAGAZZI, TRA I 14 E I 17 ANNI, DI CUI 8 SU 10 FEMMINE. PREOCCUPANO ANCHE GLI ENERGY DRINK. L’ALLARME DELLA SOCIETÀ ITALIANA PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE

Digiunare per poi consumare bevande a significativo tenore alcolico: è la drunkoressia o “anoressia da happy hour”, nata negli Stati Uniti ma che si sta diffondendo largamente anche in Italia dove si stimano 300.000 casi di ragazzi tra i 14 e i 17 anni, che 8 volte su 10 riguardano il sesso femminile e, in generale, presentano una tendenza ad un aumento. Preoccupante anche il consumo di bevande energizzati specialmente fra i più piccoli: nei bambini dai 3 ai 10 anni il 18% circa consuma energy drink e tra di essi il 16% ne consuma in media 0,95 litri a settimana (almeno 4 litri al mese). A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps).

“La drunkoressia o “anoressia da happy hour” - spiega Giuseppe Di Mauro, pediatra e presidente Sipps - consiste nell’abitudine di digiunare per poi consumare bevande a significativo tenore alcolico con una duplice finalità: ridurre l’apporto energetico in modo da compensare le calorie dell’alcol con il “guadagno” ottenuto dal digiuno, e potenziarne gli effetti inebrianti”. Gli effetti organici della drunkoressia possono essere davvero dannosi, soprattutto sugli adolescenti: ai tradizionali danni provocati dall’alcol al fegato e alle cellule nervose si sommano, quasi con effetto moltiplicativo più che semplicemente additivo, pericolosi sbalzi di peso, con scomparsa del ciclo mestruale nelle ragazze, osteoporosi, aritmie cardiache e steatosi epatica (cioè infarcimento di grassi nel fegato, primo passo verso la cirrosi). Attualmente oltre all’abuso di alcol, a destare un grande allarme sono anche le bevande energizzanti, i cosiddetti “energy drink”, che contengono sostanze stimolanti quali caffeina, taurina, guaranà, ginseng e niacina. Queste bevande sono finalizzate a dare carica, sensazione di forza, instancabilità, resistenza e potenza e quando vengono mescolate a quelle alcoliche contribuiscono a promuovere gli effetti di disinibizione comportamentale. Fino a qualche tempo fa l’attenzione era focalizzata più sui “soft drink”, cioè le comuni bibite gassate e/o dolcificate, il cui consumo eccessivo rientra tra le abitudini scorrette più diffuse e spesso associate a sovrappeso e obesità.

Gli energy drink si sono affacciati in epoche recenti ma hanno fatto presa con sorprendente rapidità grazie a politiche commerciali e pubblicitarie aggressive e di notevole impatto visivo. A livello europeo, dal recente rapporto Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), emergono dati preoccupanti sull’uso di bevande energizzanti sia negli adulti che nei bambini: in generale, il consumo combinato con l’alcol arriva al 56% negli adulti e al 53% negli adolescenti. In particolare, se tra i primi circa il 30% dichiara di consumare abitualmente energy drink, tra gli adolescenti dai 10 ai 18 anni le percentuali salgono al 68% con un 12% di bevitori “cronici” e un consumo medio di 7 litri al mese e un altro 12% di consumatori “acuti”. Tra gli adolescenti spesso questa moda trae spunto dal mondo dello sport con l’obiettivo perseguito sin dai ragazzi alle prime armi che mirano a raggiungere migliori risultati se non a diventare veri atleti professionisti. Il dato più allarmante è, poi, quello che riguarda i bambini dai 3 ai 10 anni: il 18% circa consuma energy drink e tra di essi il 16% ne consuma in media 0,95 litri a settimana (almeno 4 litri al mese), complici in questo caso certamente contesti familiari in cui i genitori o i fratelli maggiori sono i primi consumatori di tali bevande. “Soft ed energy drink, dunque, sono rappresentativi - sottolinea il dottor Piercarlo Salari, pediatra consultoriale a Milano e membro Sipps - di due fenomeni paralleli e non complementari, che sebbene debbano essere differenziati opportunamente dall’abuso di bevande alcoliche, non devono essere sottovalutati”.

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