Il muro di Berlino è caduto da 24 anni, l’Unione Sovietica non esiste più, il potere degli Usa nello scacchiere mondiale è in costante declino, eppure, tra Mosca e Washington la Guerra Fredda sembra non essere mai finita realmente. Cambia, il terreno: una volta la tensione correva sul filo della corsa agli armamenti, oggi si è spostata sulla sicurezza alimentare e, se a dissotterrare (metaforicamente) l’ascia di guerra ci hanno pensato il noto caso del “data gate” e la protezione offerta dalla Russia al “traditore” Snowden, ad aggiungere pepe alla polemica ci sono anche le dichiarazioni del potentissimo capo degli ispettori sanitari di Mosca, Gennadiy Onishchenko, cui spetta la decisione finale su cosa può o non può entrare, tra i prodotti agroalimentari, sul suolo russo. Veto usato, spesso, molto spesso, politicamente, come nel caso del vino georgiano, rientrato solo dopo anni di embargo. E proprio dalla Georgia, secondo Onishchenko, arriva puzza di bruciato: gli Usa, infatti, avrebbero installato sul territorio del Paese che ha dato i natali a Stalin un laboratorio biologico in grado di avvelenare frutta, verdura e vino diretti in Russia: un’arma fuori dal controllo delle autorità di Tbilisi, in chiara violazione delle convenzioni sulle armi biologiche. O, meno drammaticamente, una suggestione, e nient’altro, la stessa che portò Mosca a sostenere che i georgiani, nel giugno scorso, avessero paracadutato sul suolo russo maiali infetti ...
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