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DALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA UNA VERA E PROPRIA AGGRESSIONE AL WINE & FOOD MADE IN ITALY: 11 REATI AL GIORNO, OLTRE 5.000 LOCALI CONTROLLATI IN ITALIA, 672 MILIONI DI EURO DI BENI ILLECITI SEQUESTRATI. COSÌ IL “RAPPORTO ECOMAFIA” DI “LEGAMBIENTE”

L’agroalimentare e il wine & food italiano sono business che tirano, nonostante la crisi e le difficoltà economiche di questa epoca. Ma come in tutti i settori dell’economia che girano, a fronte di una stragrande maggioranza di imprese oneste, c’è anche la criminalità. E per il wine & food, purtroppo, si può parlare di una vera e propria “aggressione al made in Italy gastronomico la nuova frontiera della criminalità ambientale. Le produzioni agroalimentari di qualità, l’olio extravergine d’oliva e il vino da contraffare con cui invadere i mercati. Anche i simboli per eccellenza del made in Italy sono da sempre sotto attacco”. La denuncia, lanciata da “Festambiente”, di scena a Rispescia (Grosseto) fino al 18 agosto, arriva dal “Rapporto Ecomafia” di Legambiente. “Nel 2012, grazie al lavoro svolto dal Comando Carabinieri per la tutela della salute, dal Comando Carabinieri Politiche Agricole, dal Corpo forestale dello Stato, dalla Guardia di Finanza e dalle Capitanerie di Porto - spiega Legambiente - sono state accertati lungo la filiere agroalimentari ben 4.173 reati penali, più di 11 al giorno, con 2.901 denunce, 42 arresti e un valore di beni finiti sotto sequestro pari a oltre 78 milioni e 467.000 euro (e sanzioni penali e amministrative pari a piu’ di 42,5 milioni di euro). Se si aggiungono anche il valore delle strutture sequestrate, dei conti correnti e dei contributi illeciti percepiti si superano i 672 milioni di euro”.
Con 27 clan censiti da Legambiente con le “mani in pasta”. “A tavola - si legge in una nota - é seduto il gotha delle mafie: dai Gambino ai Casalesi, dai Mallardo alla mafia di Matteo Messina Denaro, dai Morabito ai Rinzivillo, la scalata mafiosa spesso approda nella ristorazione, dove gli ingenti guadagni accumulati consentono ai clan di acquisire ristoranti, alberghi, pizzerie, bar, che anche in questo caso diventano posti ideali dove “lavare” denaro e continuare a fare affari. Dalle recenti inchieste e dei sequestri di beni, si é stimato in almeno 5.000 il numero dei locali nelle mani della criminalità, fra ristoranti, pizzerie, bar, intestati perlopiù a prestanome e usati come copertura per riciclare i soldi sporchi.
Una conferma arriva anche dal numero di aziende che operano nella ristorazione e nell’alberghiero, confiscate con sentenza definitiva al 31 gennaio 2012: sono ben 173 pari al 10% di tutte le imprese sottratte ai clan”.
Ma nel settore agroalimentare non operano, come è ovvio, solo i clan. Sono sempre tante le storie che danno il solito spaccato di un’imprenditoria truffaldina e pericolosa che viaggia al contrario di come si converrebbe, decisa a calpestare ogni legge per bieco fine di lucro. A costo di mettere a rischio la salute degli ignari cittadini. Quindi olio lampante, cioé non commestibile, viene spacciato per squisito extra vergine d’oliva, mozzarelle di bufale fatte senza alcuna licenza e principio di igiene, quintali di carne scaduta e preparati per pastella e panatura stoccate nel magazzino aziendale e destinate a prodotti di friggitoria contaminate da escrementi di topo e di volatili, e così via all’infinito, in un crescendo di crimini consumati sul cibo che arriva sulle nostre tavole e che lascia sgomenti. A questi si aggiunge il lungo campionario di contraffazioni, adulterazioni, sofisticazioni e truffe, che colpiscono soprattutto i marchi a denominazione protetta, il vanto dell’enogastronomia di qualità.

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