Dal Pandoro argentino al Salame veneto Made in Canada, dall’Asiago statunitense al Kressecco della Germania, dal kit per falsificare il Parmigiano Reggiano a quello per taroccare il Valpolicella. Sono solo alcuni degli ultimi, più eclatanti esempi, della contraffazione e della falsificazione dei prodotti made in Italy, fenomeno che fa perdere all’Italia oltre 60 miliardi di euro di fatturato all’anno. A ribadirlo, da Fieragricola, uno studio di Coldiretti. “C’è in atto un salto di qualità dell’agropirateria internazionale che - denuncia la Coldiretti - è arrivata a colpire i prodotti piu’ rappresentativi dell’identità alimentare nazionale con danni economici e di immagine non piu’ sostenibili per l’agricoltura italiana. La denominazione Parmigiano Reggiano resta le piu’ copiata nel mondo con il Parmesan diffuso in tutti i continenti, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone, ma in vendita c'è anche il Parmesao in Brasile, il Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesao in tutto il Sud America, ma anche Pamesello in Belgio. Ma ora - continua la Coldiretti - c’è addirittura la possibilità di acquistare (in Gran Bretagna, negli Usa o in Australia) un kit per fare il pregiato formaggio italiano, ovviamente senza dare alcuna importanza al latte utilizzato. Una vera e propria truffa che colpisce anche i vini italiani piu’ prestigiosi come il Valpolicella che puo’ essere taroccato con un miracoloso kit che promette di ottenerlo in pochi giorni con miscugli di polveri e mosto. La gamma dei prodotti alimentari falsificati si è allargata ed è ora possibile trovare sul mercato- precisa la Coldiretti - formaggi come il Pecorino friulano, il Romanello e il Crotonese prodotti in Canada o la Gorgonzola sauce realizzata in Germania. Anche i falsi salumi Made in Italy tirano a livello internazionale: dalla Mortadela siciliana rumena, al Salame tipo Milano fatto in Brasile, dal Cacciatore salami e la Soppressata salami prodotti in Canada, al Prosciutto cotto Villa Gusto diffuso in Germania. Per i primi piatti - prosegue la Coldiretti - sono “sconsigliati” i Maccaroni mit tomatensauce o gli Gnocchi Rucola-Parmesan prodotti in Germania o la Palenta realizzata in Croazia, magari con il sugo fatto con San Marzano pomidori pelati coltivati in Usa. Anche l’olio e il vino rientrano nei prodotti italiani fortemente imitati all’estero dove si possono trovare il Pompeian oil del Maryland (Stati Uniti) così come il falso Chianti americano, ma anche il Kressecco o il Meer-Secco tedeschi che imitano l’inarrivabile prosecco e persino il Barbera rumeno che, tuttavia non è rosso, ma incredibilmente bianco. Il comune denominatore degli esempi di imitazione e contraffazione di prodotti agroalimentari italiani è l’opportunità, per un’azienda all’estero, di ottenere sul proprio mercato di riferimento un vantaggio competitivo associando indebitamente ai propri prodotti l’immagine del Made in Italy apprezzata dai consumatori stranieri, senza alcun legame con il sistema produttivo italiano e facendo concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali impegnati a garantire standard elevati di qualita’. Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che - conclude la Coldiretti - causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi, ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti alimentari come previsto dalla legge approvata all’unanimità dal Parlamento italiano all’inizio della legislatura e rimasta fino ad ora inapplicata”.
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