Del totale dei consumi alimentari, il pane ed i cereali rappresentano oggi il 17%, pari al 3,2% della spesa complessiva delle famiglie, che si traducono in una produzione annua di 3,2 milioni di tonnellate di pane, per un mercato che sfiora gli 8 miliardi in valore, in calo negli anni della crisi anche del 30% in molte zone del Nord Italia. Sono i numeri della Confesercenti a raccontare il mondo della panificazione italiana, spina dorsale e protagonista della storia del Belpaese, ma anche di Tirreno C.T., la fiera del settore della ristorazione e dell’ospitalità di scena a Carrara Fiere fino al 27 febbraio, dove l’Assipan (l’Associazione Italiana Panificatori) ha deciso di dedicare cinque intere giornate alla didattica e alla ricerca del settore (www.tirrenoct.it). Il tema centrale è “Il pane di una volta”, quello che per necessità seguiva una filiera corta a partire dalle farine ottenute da grani locali, perché, stando ai dati dell’associazione, è così che lo vogliono gli italiani, potendo contare sulla lievitazione naturale e sull’utilizzo di farine italiane, meglio se certificate, dai quali nascono, ad esempio, i pani di Lariano, Terni, San Gaudenzio, Laterza, Pontremoli, Borgopace, a cui si possono aggiungere anche quelli che hanno riconoscimenti a livello nazionale e comunitario, come il Pane Toscano Dop, la Coppia Ferrarese Igp, il Pane Casereccio di Genzano Igp e il Pane di Altamura Dop e anche il Pane di Matera Igp.
Il pane e i cereali rappresentano oggi il 17% circa del totale dei consumi alimentari, il 3,2% della spesa complessiva delle famiglie. Ogni famiglia spende in media circa 28 euro al mese solo per il pane, meno di 1 euro al giorno che diventano 78 euro con riso, farine, biscotti, pasta, altri cereali. Lievemente più alta l’incidenza della spesa per il pane per le famiglie del Mezzogiorno rispetto a quelle del Nord e del Centro Italia. Dagli anni ‘70 ad oggi il consumo di pane, in ragione di nuovi stili di vita, di una diversa organizzazione e struttura familiare si è ridotto del 10%, dai 61 chilogrammi pro-capite del 1974 ai circa 55 chilogrammi di oggi. Ogni anno si producono e si consumano in Italia circa 3,2 milioni di tonnellate di pane, per un mercato che sfiora gli 8 miliardi di euro. La gran parte della produzione, circa il 90%, proviene da forni a carattere artigianale. La restante parte, 10% circa, è prodotta da forni industriali. In termini di fatturato la quota dei forni industriali è più alta in quanto i prodotti conservati e confezionati hanno un valore (prezzo) più alto di quelli freschi artigianali. Dai dati di Confesercenti emerge che i panificatori non possono più contare, così come avveniva nel passato, su un mercato stabile e parcellizzato. Il calo della produzione da parte delle aziende tradizionali, si può stimare attorno al 15% con punte, per il nord Italia, prossime al 30%. Il pane, cereali e derivati hanno subito una contrazione importante in volume: il peso di questa contrazione è stato parzialmente recuperato con l’andamento dei prezzi che ha bilanciato la perdita in valore a 2,2%. Il prezzo medio del pane, secondo le rilevazioni Istat, è passato da 2,54 euro al chilogrammo del 2000 a 2,69 del 2010 con picco di 2,80 euro al chilogrammo nel 2008 e 2009.
Il pane, del resto, è ancora alla base della pausa pranzo: acqua minerale e panino, infatti, restano la combinazione preferita degli italiani. A seguire pizza, primi piatti e insalate. Lo scontrino medio del pranzo fuori casa può essere calcolato in circa 7,40 euro, che moltiplicato per i circa 2 miliardi di pasti dà un fatturato di 14,7 miliardi di euro. I panini, però, non sono uguali ovunque. Si va da 1,65 euro di Arezzo, o dall’1,88 euro di Ferrara (città con uno dei caffè più cari), si passa ai 4,11 euro di Lecco, ai 3,89 euro di Bergamo, ai 3,55 euro di Aosta. Per quanto riguarda le principali città: Milano è la metropoli più cara con 3,64 euro, mentre Roma si attesta su 2,80 euro e Napoli su 2,57 euro. In Toscana oltre all’1,65 euro di Arezzo, si va da 2,28 di Firenze a 1,96 di Grosseto, 2,17 di Pisa a 2,60 di Livorno il più caro della regione.
Il mercato del pane acquistato dalle famiglie, oggi, vale 2,6 milioni di tonnellate. Negli anni gli acquisti hanno virato sempre più dal pane fresco sfuso verso il pane industriale confezionato e dei sostituti. Il trend degli ultimi anni vede un calo del 3-4% per il pane sfuso e un incremento di oltre il 4% verso crackers e simili suddivisi tra prodotti morbidi e umidi, come i pani a fette, e i prodotti croccanti tra i quali grissini e cracker, che attualmente rappresentano circa il 49% a valore del mercato del loro settore. A tirare sono soprattutto i pani da tavola e le piadine mentre i pani a lunga conservazione crescono addirittura a due cifre. Pan carré e pani in cassetta sono cresciuti nell’ultimo periodo dell’8% a valore.
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