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L’inchiesta di Report sulla pizza sta facendo il giro d’Italia. Eppure ha semplicemente messo in immagini quello che tanti sanno. E da cui, come sempre, emerge una minoranza di pizzaioli seri e professionali tra tanta incompetenza e malafede

Non Solo Vino
La pizza sotto i riflettori di Report

L’inchiesta di “Report”, la trasmissione cult di approfondimento giornalistico condotta da Milena Gabanelli su “Rai 3”, sulla pizza, sta facendo il giro d’Italia e, probabilmente, presto la sua eco varcherà anche in confini nazionali. Eppure, come hanno detto in molti, ha semplicemente messo in immagini quello che tanti sanno. Ovvero che molto spesso la pizza non è buona, difficile da digerire, fatta con materie prime scadenti, dalla farina al pomodoro alla mozzarella, e che talvolta, come sempre può accadere quando si maneggiano i cibi, si posso anche correre rischi per la salute. Questo ha raccontato il servizio firmato da Bernardo Iovene, che ha messo sotto i riflettori le magagne, gli errori, e persino i comportamenti sul filo della legalità di alcuni, ma anche la perizia, la serietà e la professionalità di tanti altri. In un quadro generale, però, più in negativo che in positivo.

I forni puliti, alla giusta temperatura, dove la pizza e la farina non bruciano, diventando sostanze potenzialmente pericolose per la salute, ma anche quelli sporchi, un po’ per incuria, un po’ perchè l’ignoranza porta a dire “che tanto con il calore si puliscono da soli”, mentre chi fa la formazione dei pizzaioli dice di pulirlo ogni due infornate e con personaggi come Dovilio Nardi, della Nazionale Italiana Pizzaioli, fanno vedere quanto sporco e sostanze nocive si accumulano se il forno non si pulisce.

E, ancora, i pizzaioli bravi, che fanno lievitare l’impasto nei tempi giusti, usano farine adatte e non troppo raffinate, e quelli improvvisati, che non sanno neanche che oltre alle farine “0” e “00”, spesso troppo raffinate e troppo cariche di glutine esistono anche quelle di tipo “1” e “2”. E ancora le pizze bruciate, il fumo nero, che secondo alcuni pizzaioli le pizze neanche le tocca e quindi è tutto a posto, ma che fa dire ad esperti come Guido Perin, ecotossicolo dell’Università di Venezia, ed Antonio Pace, presidente dell’Associazione Pizza Verace Napoletana, che invece è dannoso, e che “mangiare una pizza simile è come mangiarla davanti allo scarico di un camion in autostrada”. Senza parlare dell’approssimazione nell’uso della legna o dei combustibili come gusci di noce, dai cui sacchi escono “animaletti e rarissimamente topolini, ma tanto poi si brucia tutto”, dice qualcuno.
E poi i cartoni per la pizze da asporto, consumate ogni giorno in 2 milioni di pezzi: da quelli di cellulosa pura e sicurissimi per la salute, a quelli di scarsa qualità, addirittura illegali e pure diffusissimi, e potenzialmente dannosi.

E succede ovunque: da Napoli a Milano, da Venezia a Firenze, anche in ristoranti blasonati e storici.
Questo il capitolo ristorazione, ma c’è anche quello del consumo domestico e delle pizze surgelate: 77-78 milioni di pizze all’anno, secondo Roberto Nanni, responsabile prodotti Coop.

Prodotti che costano poco, sui 3 euro a pezzo, e dove la guerra sul margine di guadagno si gioca sui centesimi. E quindi, spesso, si risparmia sugli ingredienti, spesso sintetici, per spendere meno e dare più gusto, olio di palma al posto di quello d’oliva, e così via.

Che vogliono dire bassa qualità nel migliore dei casi e, anche qui, potenziali rischi per la salute nei peggiori, pur stando dentro alle regole. Senza considerare, per altro, che molte pizze “italiane” arrivano già confezionate dalla Germania o da altri Paesi.

E ancora, l’approfondimento sulle farine: “Tutte le farine contengono zuccheri, ma quelle raffinate contengono solo zuccheri e glutine. E molto glutine - spiega in studio Milena Gabbanelli - nelle persone predisposte, favorisce la celiachia. Nella farina integrale invece rimangono tutti i micronutrienti che si perdono man mano che si raffina e si va verso la 00, che è la farina
poi più usata. Perché? Perché non avendo più niente di vivo dentro è quella che dura
di più e nella pizza semplifica la vita, perché con l’aggiunta dei miglioratori, la tiri e la
stendi come ti pare”.

Tesi confermata tra l’altro, dall’epidemiologo Franco Berrino e da Pierpaolo Pavan, specialista di Igene e Medicina Preventiva, che insieme ad altri esperti spiegano come inoltre, un abuso di queste farine unito a tempi di levitazione spesso troppo brevi per via di esigenze lavorative e di risparmio, possono scatenare problemi per la salute a livello di celiachie di patologie cardiovascolari.

E poi ancora olii scadenti e vecchi utilizzati al posto di quello extravergine di oliva, che è il più sano, pomodoro allungato con in concentrati che vengono dalla Cina, invece che per esempio con li San Marzano, prodotto esclusivo dell’Italia, ma non l’unico che si può usare dal disciplinare della “Pizza Verace Napoletana”, così come per la mozzarella, che può arrivare pure dalla Germania, e così via.

“Avevano fatto anche un consorzio, per ottenere il marchio Stg - conclude Milena Gabbanelli - che vuol dire “Specialità Tradizionale Garantita”: si era scomodata l’Europa, si era scomodato il
ministero per l’Agricoltura, lo avevano ottenuto. Poi non ha aderito nessuno. Ora. Se non siamo capaci di tutelare e far fruttare le nostre eccellenze basta poi non lamentarsi. E anche la scuola alberghiera che insegna come si fa la pastasciutta, il risotto, non la pizza, nonostante le pizzerie siano fra i punti di ristorazione più diffusi. Possiamo solo noi consumatori cambiare l’andazzo, perché non è tutto un disastro: i posti dove lavorano bene ci sono e andrebbero premiati e anche la differenza di prezzo è veramente minima: si va da 40 centesimi a un massimo di un euro. Ne
guadagna la salute e tutto l’indotto. E poi qualche pizzeria comincia a svuotarsi, magari cominciano a darsi da fare pulendo i forni e usando gli ingredienti che poi non ti si piazzano sullo stomaco”.

Un racconto lungo per una storia non nuova, e neanche sconosciuta. Ma forse infilata sotto il tappeto come si fa con la polvere. Ma qualche volta il tappeto si sposta, e vedere lo sporco fa anche un po’ vergognare.

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