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Etica, identità, scelte nette, anche estreme, naturalità, biodiversità: ecco le parole chiave che aiutano a sintetizzare i tanti messaggi e riflessioni by “Identità Golose”. Quasi un “assaggio” di Expo2015 … nel segno della “sana intelligenza”

Non Solo Vino
Paolo Marchi

Etica, identità, scelte nette, anche estreme, naturalità, biodiversità, salute: ecco alcune delle parole chiave che aiutano a sintetizzare i tanti messaggi e rfilessioni, emersi da “Identità Golose”. Dove la “sana intelligenza”, tema dell’edizione 2015, è stata declinata in diversi modi dai più grandi chef del piante, riuniti a Milano. Come Alain Ducasse, che ha parlato di tutela della biodiversità, che passa attraverso la valorizzazione dei prodotti e dei produttori locali. Come ha fatto Sean Brock, grande nome della cucina del Sud degli Stati Uniti, fatta di ingredienti poveri e quasi “estinti”, ma recuperati e valorizzati, perché “da noi la cucina è un’emanazione dell’agricoltura”. Esempi che richiamano al valore dell’identità, elemento sempre più forte in cucina, in ogni angolo del Pianeta, come dimostrano, solo per citare degli esempi, i piatti a base di selvaggina di Brett Graham, chef che ha portato la stella anche in un pub, l’Arwood Arms di Londra, o quelli a base di cereali e tuberi delle Ande di Virgilio Martinez, giovane stella della cucina sudamericana, e del suo Perù in particolare, che ha conquistato anche Londra. O come quelli di Cristina Bowerman, che ha cucinato con miele, pollini e altri prodotti delle api, per riportare l’attenzione sulla tutela di questo insetto, fondamentale per la vita dell’uomo.
Grande risalto, e successo, ha avuto poi Pietro Leemann, che ha portato all’estremo il concetto di “purezza”: lo chef del Joia di Milano, già “tempio” della cucina vegetariana e vegan, ha portato sul palco “altari”, incensi e mantra per purificare e dare la giusta carica positiva alle energia presenti in acqua e materie prime da usare nei piatti. “Perché un ristorante deve ristorare anche l’anima”, ha aggiunto su questo solco Massimo Bottura, che si è concentrato sul concetto del recupero, “un atto di volontà e di forza in cucina”, ha detto, presentando il suo “pane latte zucchero”, piatto simbolo di Expo 2015.
Massimo Bottura che, insieme ad altri nomi top italiani, come Cracco, ma anche della ristorazione d’oltreoceano come Daniel Humm e Will Guidara, chef e direttore del tristellato Michelin “Eleven Madison Park” a New York, hanno riacceso le luci sulla sala, fondamentale quanto la cucina per il successo di un ristorante. Tema carissimo a quelli di “Noi di Sala”, associazione creata ad hoc e che ha per presidente Marco Reitano de La Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck, sul palco insieme ad altri nella piece teatrale “Il cliente non è servito”, che, in maniera ironica, in collaborazione con Alma - Scuola Internazionale di Cucina (con cui ha lanciato anche il nuovo progetto di alta formazione “Corso di Sala & Bar”, ndr), ha voluto far riflettere sul valore del servizio, dal lavapiatti al maître.
Un evento “Identità Golose” che, con i suoi temi declinati attraverso il cibo, ha già fatto respirare un “assaggio” di aria di Expo 2015, che apre tra meno di tre mesi, e il cui tema è “Nutrire il Pianeta - Energia per la Vita”, come ha spiegato l’ideatore del Congresso, Paolo Marchi: “la vicinanza con Expo ci ha fatto sentire come non mai l’importanza dei concetti che abbiamo affrontato”, ha commentato a WineNews. A cui ha regalato anche una riflessione sul ruolo della cucina e della critica italiana: “l’Italia deve essere assolutamente riconoscente alla Michelin, perché siamo stati il primo Paese, nel 1956, oltre alla Francia, ad avere un’edizione dedicata, segno di enorme rispetto ed ammirazione per la nostra cucina. Bocuse diceva che il giorno in cui i cuoci italiani si renderanno conto dei tesori su cui camminano per la Francia sarà finita. Il problema è che, in qualche modo, abbiamo demandato a loro la certificazione della qualità della cucina italiana: la grande sfida, per noi, deve essere proprio quella di andare in giro per il mondo e giudicare i ristoranti italiani, dobbiamo essere noi a riconoscere e valorizzare la bontà della cucina italiana nel mondo”.

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