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Alimentare & occupazione: il 29% delle aziende italiane assumerà nei prossimi mesi, e il 63% non ridurrà l’organico. Ma fanno meglio Europa (47%) e Usa (63%). A dirlo “Work in Food - Future Jobs Trends in the Food Industry” di ManpowerGroup

L’agroalimentare italiano non è solo un pilastro economico, soprattutto sul fronte export, il cui valore nel 2014 ha raggiunto il record storico di 34,3 miliardi di euro (dati Istat). Ma, con le oltre 700.000 aziende della filiera, è anche un argine alla disoccupazione dilagante: il 29% delle aziende del settore alimentare assumerà ancora nel 2015 (almeno stagionali), il 63% non ridurrà l’organico, e solo l’8% prevede tagli. Emerge dalla ricerca “Work in Food - Future Jobs Trends in the Food Industry” del colosso del mondo del lavoro ManpowerGroup, presentata a Milano, in vista di Expo 2015. Anche se il Belpaese, in questo senso, non vanta un primato, visto che in Europa si dichiara intenzionato ad assumere il 47% delle imprese, che diventa addirittura il 63% negli Stati Uniti.
Dall’indagine, che ha coinvolto oltre 440 aziende italiane ed internazionale nei segmenti industria, commercio e Horeca, dalle piccole alle grandi imprese, emerge che, per l’80% dei casi, le assunzioni saranno focalizzate sulla produzione. Sintomo di un settore che, però, almeno sul fronte delle risorse umane è poco focalizzato sull’innovazione: solo il 43% delle aziende pensa di investire in figure che si occupano di digitale, e ancor meno, il 35%, punterà sull’e-commerce, che non è ancora ritenuto strategico. Il dato curioso arriva sul fronte export: nonostante sia fondamentale per la crescita, solo il 12% delle aziende investire in figure dedicate a questo aspetto.
Altro punto critico, poi, è quello dell’incontro tra domanda e offerta: solo il12% delle aziende italiane dichiara di trovare sul mercato profili adeguatamente. Ciò nonostante, ben il 45% delle realtà non pensa a percorsi formativi per colmare questo gap.
“Nonostante le lacune nell’export e nel digital, si continuano a cercare figure professionali in ambiti tradizionali, come quelli della produzione - afferma Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterraneo ManpowerGroup - le aziende italiane non percepiscono il gap che le allontana sempre più dalle imprese del resto d’Europa e d’oltreoceano, rimanendo ancorate a retaggi ormai superati. I produttori alimentari sono spesso convinti dell’intrinseca qualità dei loro prodotti e non investono a sufficienza nel go to market e nel retail. Soprattutto le Pmi hanno necessità di una crescita culturale a livello manageriale che dia loro una maggiore visione strategica”.
In Europa e Stati Uniti prevalgono le figure con forti connotazioni nel marketing e nel digital: negli Stati Uniti il 65% pensa di potenziare le figure collegate all’e-commerce, mentre in Europa pensa di farlo il 60% delle aziende.
“In questo panorama - conclude Scabbio - Expo Milano 2015 può dare una spinta al Made in Italy: il confronto con il mercato internazionale permetterà alle aziende italiane di cogliere in maniera più netta i bisogni già oggi emergenti e li porterà a considerare l’export, gestito in modo strutturato, quale chiave per la crescita”.

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