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C’è un fantasma che si aggira sugli scaffali d’Europa: l’etichetta semaforica sui cibi, introdotta dall’Inghilterra, bocciata dalla Ue, e che ora minaccia di entrare in vigore anche in Francia e Scandinavia, svantaggiando le Dop italiane

C’è un fantasma che si aggira per l’Europa, specie sugli scaffali dei supermercati, il fantasma della fatidica etichetta semaforica sui cibi. Introdotta dall’Inghilterra all’interno del programma della lotta all’obesità, ha subito dovuto fare i conti con l’opposizione dell’Italia, che ha portato la Commissione Europea, nell’ottobre 2014, ad aprire una procedura d’infrazione contro il Governo di Londra. Le etichette a semafori, infatti, sono in evidente contraddizione con il sistema delle denominazioni, che di per sé garantiscono bontà e sicurezza di cibi, come Parmigiano o olio extravergine d’oliva “bollati” come troppo grassi o troppo salati, con un giudizio di merito che nulla ha a che fare con la salubrità.

Così la pensa anche la Commissione sicurezza alimentare del Parlamento europeo, che ne ha messo in discussione lo stesso fondamento scientifico, ma, in concomitanza con la nuova etichetta che accompagnerà le carni suine, ovine, caprine e il pollame (questa sì importante per la tutela dei consumatori), pare che ci sia un deciso ritorno di fiamma per l’etichetta a semaforo tra i consumatori francesi, con Parigi che aspetta segnali dalla Ue, mentre i Paesi scandinavi sarebbero pronti ad adottare un logo volontario che si basi sulle linee guida nutrizionali di Svezia, Danimarca, Norvegia e Islanda. La speranza, per l’Italia, è che la Ue tenga duro, ribadendo principi importanti, come quello della qualità, che fa sempre rima con salubrità, difendendo così un intero sistema produttivo, comprese le sue potenzialità all’estero, considerando che l’agroalimentare italiano cresce proprio grazie all’export.

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