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Il riduzionismo alimentare di Feuerbach ribaltato dal Cardinale Ravasi, nel libro “Siamo quel che mangiamo?”, che accompagna l’inizio dell’Expo. “In tutte le culture il cibo è anche un simbolo di comunione nella gioia, nel dolore, nell’ospitalità”

Davvero aveva ragione il filosofo ateo Ludwig Feuerbach quando, nel 1850, sosteneva che “l’uomo è ciò che mangia”? Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, propone una lettura alternativa al riduzionismo alimentare del celebre pensatore tedesco dell’Ottocento, con il libro “Siamo quel che mangiamo? Un lessico del cibo tra Scrittura e cultura” (Editrice Missionaria Italiana).

“In tutte le culture il cibo è anche un simbolo di comunione nella gioia, nel dolore, nell’ospitalità”, spiega Ravasi presentando il libro, in cui scandaglia i vari rimandi alimentari presenti nella Bibbia: pane, vino, acqua, e il significato che Cristo ha assegnato al nutrirsi, che accompagnerà l’inizio di Expo 2015 a Milano, dedicato al tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. “Osserviamo innanzitutto che i pranzi - racconta il Cardinale - hanno un rilievo curioso all’interno della storia di Gesù. Egli accetta spesso di sedere a mensa, senza badare molto alle persone che lo invitano”.

Da ciò il cardinale riflette sui valori umani e cristiani che il cibo come simbolo porta con sé, ad esempio, l’ospitalità: “esso è il corollario morale che deve impegnare il credente che sente sorgere da una folla immensa di affamati l’appello ad essere accolti alla tavola del mondo ove pochi si sono accaparrati quantità enormi di beni”. Di qui deriva che, anche ad Expo 2015, la riflessione comune deve incentrarsi, secondo Ravasi, sulla giustizia sociale che il cibo richiede: “nella società consumistica è dunque importante introdurre lo spirito della generosità che si esprime nell’accoglienza ospitale della folla immensa degli affamati”.

Quello che il cardinale Ravasi compie in queste pagine è una sapiente e profonda rilettura del gesto umano del nutrire e del nutrirsi, imbevuta della saggezza della Scrittura e alimentata dal pensiero della cultura di ieri e di oggi: “dobbiamo tornare alla bellezza della tavola, spesso incrinata dalla frenesia di un nutrimento alla fast food. Una società che ignora lo spreco alimentare - conclude Ravasi - e si infastidisce quando si evoca lo spettro della fame nel mondo, che si oppone all’ospitalità, ha perso la dimensione simbolica del cibo e la spiritualità che in quel segno è celata”.

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