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Si chiama “Beerbone”, progetto dell’Università di Siena (finanziato con 60.000 euro dalla Regione Toscana) sugli gli effetti del silicio per la cura dell’osteoporosi, partendo dalla birra della Val d’Orcia per l’osteoporosi, che andrà ad Expo

Esiste o può esistere una birra che fa bene alle ossa e alle articolazioni? È a questo particolare interrogativo che cerca di dare risposta il progetto “Beerbone” dell’Università di Siena, che, risultato vincitore di un bando ad hoc, andrà ad Expo 2015. Il progetto, che studierà gli effetti del silicio della birra della Val d’Orcia per il trattamento dell’osteoporosi e dell’osteoartrosi, è coordinato dalla professoressa Annalisa Santucci del dipartimento di Biotecnologie, Chimica e Farmacia dell’Ateneo senese.
“Il silicio - spiega la professoressa Annalisa Santucci - autorizzato come integratore alimentare, è essenziale per il metabolismo del tessuto connettivo ed osseo. Inoltre la birra è, in assoluto, l’alimento che maggiormente contribuisce all’assunzione del silicio nella dieta, in quanto principale fonte di acido ortosilicico, la forma prontamente biodisponibile e bioassorbibile a livello gastro-intestinale”.
Partendo da una biobanca cellulare esclusiva, il gruppo di ricerca andrà a valutare su modelli cellulari umani gli effetti benefici del silicio contenuto nelle birre prodotte dal Birrificio San Quirico, partner del progetto, per capire qual è l’azione del minerale contenuto nella birra sulle cellule umane osteoarticolari e come cambia il repertorio proteico.
Inoltre, non essendo la quantità di silicio uguale in tutte le birre, l’obiettivo finale del progetto sarà determinare la dose ottimale di acido ortosilicico con cui addizionare la bevanda affinché risulti efficace nel trattamento e nella prevenzione delle patologie osteoarticolari.
“Lavorando su cellule umane non trasformate - conclude la professoressa - se da questo progetto uscissero risultati positivi, potremmo andare rapidamente a condurre dei trial sui pazienti. “Beerbone” potrebbe proporsi come progetto pilota garantendo delle ricadute concrete sia a livello scientifico, che economico e industriale”.
Il progetto ha ottenuto un finanziamento di 60.000 euro dalla Regione Toscana. Partner, insieme al Birrificio San Quirico, Isvea, l’Istituto per lo Sviluppo Viticolo, Enologico ed Agroindustriale (Isvea) di Poggibonsi.

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