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Ecco i sette principi del rapporto Greenpeace International “Agricoltura sostenibile: sette principi per un nuovo modello che metta al centro le persone”. Il futuro, per l’organizzazione ecologista, è nelle mani di chi lavora con pratiche sostenibili

Restituire il controllo sulla filiera alimentare a chi produce e chi consuma, strappandolo alle multinazionali dell’agrochimica; la sovranità alimentare, in quanto l’agricoltura sostenibile contribuisce allo sviluppo rurale e alla lotta contro la fame e la povertà, garantendo alle comunità rurali la disponibilità di alimenti sani, sicuri ed economicamente sostenibili; produrre e consumare meglio; incoraggiare la (bio)diversità lungo tutta la filiera; proteggere e aumentare la fertilità del suolo, promuovendo le pratiche colturali idonee; consentire agli agricoltori di tenere sotto controllo parassiti e piante infestanti, affermando e promuovendo quelle pratiche (già esistenti) che garantiscono protezione e rese senza l’impiego di costosi pesticidi chimici che possono danneggiare l’ambiente e la salute; rafforzare la nostra agricoltura, perché si adatti in maniera efficace il sistema di produzione del cibo in un contesto di cambiamenti climatici e di instabilità economica. Ecco i sette principi descritti nel rapporto di Greenpeace International “Agricoltura sostenibile: sette principi per un nuovo modello che metta al centro le persone” (www.greenpeace.org), presentato da Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia.
“Il futuro dell’agricoltura europea - commenta Federica Ferrario - è nelle mani degli agricoltori che lavorano con pratiche ecologiche e sostenibili. È necessario e urgente sostenerli, e la politica deve ascoltare chi chiede cibo sano e agricoltura sostenibile”. Per contribuire alla crescita dell’agricoltura sostenibile, Greenpeace collabora con agricoltori e comunità rurali. “In Grecia, ad esempio, sosteniamo gli agricoltori che producono colture proteiche locali - spiega Greenpeace - da utilizzare nella mangimistica in sostituzione della soia Ogm importata. In Ungheria, il piccolo insediamento di Hernádszentandrás è letteralmente rinato grazie all’agricoltura biologica. In Italia, da alcuni anni, è stato avviato insieme agli agricoltori un lavoro volto a proteggere gli impollinatori”.

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